di Roland Joffé (Gran Bretagna, 1984)
“Urla Del Silenzio” (originariamente “The Killing Fields”, dal nome dei campi di sterminio cambogiani) è un film che non tutti ricordano alla pari di tante altre pellicole di guerra ambientate nel sud-est asiatico. Non sono bastati neppure tre Oscar (miglior attore non protagonista, miglior fotografia e miglior montaggio), quello di Roland Joffé è infatti un film diverso rispetto a tanti capolavori che conosciamo (“Apocalypse Now” e “Il Cacciatore” su tutti), un esempio di vietnam movie lontano dall’azione convulsa all’interno della giungla ma più vicino all’indagine giornalistica (l’opera è liberamente ispirata al best seller dell’americano Sydney Schanberg, all’epoca corrispondente del New York Times in queste terre).
“Cambogia. A molti occidentali faceva l’effetto di un paradiso, di un mondo incantato, di un mondo misterioso. Ma la guerra nel vicino Vietnam fece saltare i suoi confini e presto le ostilità dilagarono nel suo territorio neutrale. Nel 1973, fui inviato quale corrispondente di guerra del New York Times in questo lontano settore del mondo. E fu qui, in questo paese dilaniato dalla guerra fra le truppe governative e i khmer rossi che conobbi la mia guida e interprete, Dith Pran, un uomo che doveva cambiare la mia vita in un paese che cominciai presto ad amare e a compatire.” A parlare è proprio Sydney Schanberg (Sam Waterston), un uomo suo malgrado costretto a raccontare la lenta discesa nel caos di un paese fino ad allora soltanto sfiorato dal conflitto in Vietnam: “Urla Del Silenzio” inizia senza grandi scossoni, il regista è intenzionato prima di tutto a sottolineare il rapporto di stima e amicizia tra il protagonista e la sua guida Dith Pran (fu proprio l’attore Haing S. Ngor ad aggiudicarsi l’Oscar). Lo sguardo è rivolto a loro due prima che al territorio circostante. Successivamente, il campo di azione si allarga e il dovere di informazione del bravo giornalista e del suo collaboratore si scontra con l’ottusità dei militari americani, con le bombe che dilaniano i corpi ma soprattutto con il regime dei khmer rossi, i quali costringono Dith Pran a separarsi da Sydney. Da questo istante in poi “Urla Del Silenzio” diventa un film micidiale: il cambogiano viene internato nei campi di lavoro e sottoposto ad attività massacranti in cambio di due ciotole di riso al giorno. L’orrore della guerra riaffiora in tutta la sua crudeltà, con alcune scene raggelanti che hanno segnato questa pellicola in modo indelebile, come quella dell’acquitrino ormai ridotto a una fossa comune oppure quella dell’incisione sul collo di un bovino per potersi nutrire di sangue animale.
Roland Joffé dirige con un lodevole equilibrio intellettuale, puntando il dito sia sulla feroce violenza dei khmer che sull’idiozia degli inutili bombardamenti americani (Richard Nixon temeva che quel paese potesse organizzarsi per poi fornire aiuto ai vietnamiti del nord). Ma in queste due ore e un quarto abbondanti a vincere è l’informazione (mai spettacolarizzata in maniera gratuita) e una solidarietà umana che si pone in perfetta antitesi con la barbarie mostrata dalle immagini. Confezione ovviamente impeccabile, peccato soltanto per la musica di Mike Oldfield non sempre in sintonia con il mood dell’opera. Una testimonianza di alto valore.
(Paolo Chemnitz)
Un film stupendo, mi ha sempre colpito come la lucida follia dei Kmher non abbia trovata una minima resistenza nel popolo cambogiano, che seguì in massa in quella assurda deportazione verso le campagne organizzata da quei folli
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