di Norman J. Warren (Gran Bretagna, 1977)
Sgombriamo il tavolo da ogni dubbio, “Prey” da noi è stato successivamente intitolato “Terrore Ad Amityville Park” solo per accodarsi ai film della saga di Amityville. Una trovata fuorviante, poiché quello di Norman J. Warren è un lavoro distante anni luce dalle tematiche legate al paranormale o al demoniaco. Qui il protagonista è un alieno che sbarca sulla terra entrando nella vita quotidiana di due lesbiche. In effetti il plot è piuttosto stravagante, soprattutto quando egli assume le sembianze di un essere umano (dopo aver fatto fuori un ragazzo che stava amoreggiando in automobile con la sua fidanzata) per poi introdursi in questa dimora immersa nella campagna inglese, nella quale vivono Jessica e Josephine. La prima si dimostra con lui benevola, scatenando però le gelosie e le paranoie della seconda, in un lento evolversi degli eventi che si conclude dopo neppure ottanta minuti con una sequenza gore tanto attesa, breve ma almeno efficace.
Il regista londinese ha a disposizione un budget ridicolo mentre la sceneggiatura viene improvvisata durante le riprese, presupposti che non lasciano grandi speranze: inoltre tutto il film è girato in un solo ambiente e la mutazione dell’alieno (che nel frattempo si fa chiamare Anders) è quanto di più becero ci possa essere a livello di effetti. Un incrocio tra un vampiro e uno pseudo-licantropo (il naso è da segugio), una creatura che fa sorridere anche nelle vesti umane, come quando le due giovani truccano l’ospite come una donna oppure nella terribile scena del laghetto, dove Warren trasforma un normalissimo salvataggio in un drammatico annegamento al ralenti da mettersi le mani nei capelli! C’è molto trash in “Prey” e su questo non si discute, però le atmosfere non sono da buttare via, durante la pellicola si respira infatti una tensione erotica latente (l’amplesso lesbo è piuttosto audace) ed è persino interessante l’aspetto psicologico delle vicende, non troppo lontano dai teoremi pasoliniani di vecchia data. Ancora una volta un intruso sconvolge i fragili equilibri familiari: in questo caso si tratta di una coppia omosessuale, ma cambiando le pedine del gioco il risultato di certo non cambia.
“Prey” non è un bel film ma suscita da sempre molta curiosità, anche per questo motivo c’è chi apprezza non poco questa pellicola dai risvolti così goffi e bizzarri. Dopotutto gli horror di Norman J. Warren non hanno mai brillato per originalità, pensiamo a “Satan’s Slave” (1976) o al citazionista “Inseminoid” (1981), ancora oggi il nostro preferito del lotto. “Prey” invece è delirante e mette sul piatto qualche piccola innovazione di taglio weird, bisogna però prenderlo per quello che è, superando sia i momenti di noia che i passaggi a vuoto in fase di regia. Uomo avvisato, mezzo salvato.
(Paolo Chemnitz)