di Béla Tarr (Ungheria/Francia/Germania, 2011)
Quello di Béla Tarr è un estremo concettuale e filosofico, un punto di non ritorno che rappresenta il testamento definitivo del regista ungherese, un’uscita dalle scene a testa alta premiata con l’Orso d’argento a Berlino nel 2011. In effetti, dopo un capolavoro di simile portata, non riusciamo a immaginare un ulteriore passo in avanti di Tarr: “Il Cavallo Di Torino” è il tempo della fine, è una Genesi al contrario, è la legge della natura che ribadisce il suo dominio assoluto riportando l’essere umano al nulla esistenziale. Non c’è altro da aggiungere, questa è la chiusura del cerchio perfetta.
Il titolo del film (“A Torinói Ló”) si ricollega a un episodio della vita di Friedrich Nietzsche, il quale nel 1889 rimase impressionato dalla violenza perpetrata da un vetturino nei confronti del suo cavallo ostinato che rifiutava di muoversi. Il film è legato proprio a questo aneddoto, una metafora della volontà di dominio dell’uomo su tutte le creature dell’universo. Ritroviamo questo personaggio nella puszta ungherese martoriata da un vento incessante, mentre fa ritorno con il cavallo nella sua fattoria: ad attenderlo c’è la figlia e la consueta monotonia quotidiana, una miseria che possiamo toccare con mano attraverso gli ambienti (la spoglia casupola di pietra) e il cibo (l’unica fonte di sostentamento per i due protagonisti sono le patate). La rassegnazione è annichilente, soprattutto quando il cavallo smette di nutrirsi e l’acqua nel pozzo comincia a scarseggiare, mentre quella deprimente routine continua imperterrita giorno dopo giorno (Tarr scandisce in sei parti l’esistenza dei due contadini).
Cosa accade là fuori, nella zona circostante? Qualcosa di terribile, come racconta un conoscente passato per una visita: un monologo inquietante sull’avidità e la meschinità degli uomini, con la città in rovina ormai corrotta e gli ultimi individui stimabili purtroppo estinti. Il degrado morale è al suo apice. Anche il gruppo di zingari che passa da quelle parti appartiene al mondo esterno: prendono dell’acqua dal pozzo e cercano di portare via la donna, ma ne “Il Cavallo Di Torino” non esiste la libertà, poiché ogni tentativo di fuga è soppresso da una forma di deperimento irreversibile. Una discesa dentro l’abisso che si conclude nel buio inteso come presagio di morte, un nichilismo mai così condivisibile che riporta giustizia ed equilibrio a un pianeta devastato (“il punto è che l’umanità, tutti noi, me incluso, siamo responsabili della distruzione del mondo. Ma c’è anche una forza al di sopra degli umani che agisce – il vento che soffia per tutto il film – e anch’essa sta distruggendo il mondo. Quindi sia l’umanità che una forza superiore stanno distruggendo il mondo” afferma Béla Tarr in un’intervista realizzata per Cineuropa).
Al regista ungherese (coadiuvato da Ágnes Hranitzky) servono come sempre una manciata di riprese (trenta in tutto) che si traducono in lunghissimi piani sequenza in b/n, il resto è affidato al sonoro (debordante) e al silenzio (i dialoghi sono ridotti all’osso), mentre la colonna sonora non è altro che un solo pezzo ripetuto più volte (un tema funereo composto da Mihály Víg). “Il Cavallo Di Torino” sembra voler mettere una pietra tombale non solo sull’umanità, ma pure sul cinema stesso: le due ore e mezza che danno vita a questa pellicola lasciano un segno indelebile, Béla Tarr infatti chiude i conti con un macigno di immani proporzioni, trasformando quella sua sensibilità sociale votata al cambiamento (pensiamo a “Le Armonie Di Werckmeister”) in una pesantezza estrema dai toni esistenziali che si riversa inesorabilmente sull’idea stessa di cinema. Un loop messianico di radicale oscurità: ecco perché dopo una visione di tale potenza, nulla dopo sarà uguale a prima.
(Paolo Chemnitz)
Sottoscrivo parola per parola. A proposito di bela tarr proprio ieri ho acquistato in una libreria un cofanetto da 10 dvd con l’opera omnia del regista ungherese. È stata per me un’emozione unica avendo pagato il tutto solo 42,00 euro. Vorrei chiederti cosa pensi di satantango e se farai la recensione. A presto.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Satantango altro immenso capolavoro. Lo recensirò sicuramente, ma prima voglio rivederlo (e mi serve tempo!)
"Mi piace""Mi piace"