di Andrey Iskanov (Russia, 2003)
Mettiamo per un attimo da parte il cinema russo cupo ed esistenzialista che tanto ci piace (Andrey Zvyagintsev su tutti) per fare un salto tra le viscere della scena underground ex sovietica. Quella che ad esempio ci ha regalato perle estreme come “The Green Elephant” (1999). “Nails” (“Gvozdi”) atterra sullo schermo quattro anni più tardi e rappresenta l’esordio assoluto per un regista oggi piuttosto apprezzato nel sottobosco horror e dintorni: Andrey Iskanov infatti lo conosciamo anche per le quattro ore abbondanti dell’angosciante “Philosophy Of A Knife” (2008), senza dimenticare altre sue opere più difficili da reperire, come “Visions Of Suffering” (2006) o “Ingression” (2010).
In “Nails” la trama è solo un pretesto per far sfogare tutta la fantasia di Iskanov dietro la telecamera: un assassino (il suo nome è Hitman) ha un gran mal di testa e l’unica soluzione per curarlo è drastica, ovvero ficcarsi una serie di chiodi nel cranio! Questo è solo il primo passo verso una forma di autodistruzione che nella parte conclusiva del film ci regala alcune immagini davvero malsane e disturbanti, accompagnate ovviamente da una discreta quantità di sangue e frattaglie varie.
La breve durata della pellicola (in tutto neppure sessanta giri di lancetta) ci permette di assimilare al meglio questo delirio visivo studiato nei minimi particolari: le prime fasi del film sono in b/n ma non appena il protagonista comincia a conficcarsi i chiodi in testa, il colore inizia a invadere e saturare ogni singolo fotogramma. Andrey Iskanov ricorre a un montaggio frenetico che tanto deve a “Tetsuo: The Iron Man” (1989), ma le sue influenze sono riconducibili anche a registi come David Lynch (“Eraserhead” in particolare) e Kenneth Anger (per alcuni passaggi lisergici e psichedelici). Nulla di nuovo sotto al sole, ma un prodotto degno di stima che si colloca esattamente a metà strada tra il cinema cyberpunk degli anni novanta e quello più visionario e sperimentale di vecchia data. Una menzione a parte merita il sonoro, vero motore dell’opera e capace di conferire forza e significato alle immagini. Lo stesso possiamo dire dello score musicale (scritto da Alexander Shevchenko, qui anche nelle vesti di Hitman), un contorno surreale e martellante che si insinua costantemente all’interno della materia cerebrale.
Da tempo “Nails” si trova in vendita in edizione home video (consiglio quella svedese: sottotitoli in inglese nonostante i dialoghi ridotti all’osso, molti extra e un cd in allegato con la colonna sonora), una soddisfazione non trascurabile per un regista che alla fine dell’opera, mentre scorrono i titoli di coda, lascia al pubblico il suo indirizzo e-mail per eventuali contatti! Altri tempi per il cinema underground, oggi finalmente fruibile anche per gli utenti più pigri e meno curiosi. “Nails” merita una possibilità, al di là del fatto che aggiunge poco o nulla ai tanti prodotti estremi realizzati (meglio) negli anni precedenti.
(Paolo Chemnitz)