Excess Flesh

excess fleshdi Patrick Kennelly (Stati Uniti, 2015)

Competizione, arrivismo e ambizione sono tre parole che spesso incontriamo nel mondo della moda e dello spettacolo. Fin dai tempi di “Eva Contro Eva” (1950) di Joseph L. Mankiewicz, il cinema ci ha raccontato questo bisogno di primeggiare a tutti i costi, anche utilizzando i metodi più scorretti come l’inganno, la perfidia e la diffamazione. Se già all’epoca la bellezza era in grado di garantire una fetta importante di successo, oggi con l’avvento dei social network l’apparire ha completamente sostituito l’essere, una ricerca spasmodica della perfezione che ha del patologico in molti soggetti esaminati.
“Excess Flesh” si accoda a una serie di recenti pellicole dedicate all’argomento, focalizzandosi maggiormente sul rapporto tra due ragazze e il cibo, il terzo incomodo del film. Quella dell’esordiente Patrick Kennelly è una storia di invidia, di gelosia e di egoismo tra la bella Jennifer e Jill, quest’ultima psicologicamente sottomessa e umiliata dalla sua coinquilina. Jill non ha lo stesso successo di Jennifer ed è ossessionata dalla sua vita spumeggiante: l’unico modo per raggiungere lo status dell’amica è poterla distruggere annullandone la personalità e infierendo sul suo fisico, un ribaltamento dei ruoli dettato da un forte disturbo mentale e condizionato pesantemente dai diktat del mondo esterno (c’è una grande differenza tra la stanza sudicia dove avvengono i misfatti e gli altri ambienti in cui si svolge l’opera, curati da una regia moderna e molto patinata).
Il cibo è l’elemento perturbante del film, onnipresente come in un circolo bulimico in cui ogni pietanza ingerita diventa dannosa e di conseguenza deve essere vomitata fuori dal corpo. Cibo di merda per giunta: patatine, fritture, gelatine e caramelle colorate, un elogio della nausea sottolineato dai primi piani (con ralenti) sulle bocche che addentano e masticano questo menu rivoltante. “Excess Flesh” diventa così un (food) torture movie alquanto disturbante, immerso dentro questa competizione tra donne che gioca molto sull’elemento psicologico e sul tema del doppio (lo split screen è incluso nel prezzo), nonostante un finale tirato per le lunghe e forse eccessivamente didascalico.
Annientare il bello per diventare belli, altro che specchio delle mie brame: qui non si tratta di lottare per se stessi cercando di raggiungere un obiettivo a testa bassa, “Excess Flesh” imbocca infatti la scorciatoia più facile, ovvero tagliare le gambe all’antagonista, a un capro espiatorio considerato la vera fonte di una vita infelice. Un film cattivo e crudele quindi, dove il cibo più unto e schifoso diventa un’arma a doppio taglio anche per gli occhi dello spettatore. If Jill can’t be Jennifer, she must destroy her!

3,5

(Paolo Chemnitz)

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