Enter The Void

enterdi Gaspar Noé (Francia/Germania/Canada, 2009)

In un’epoca in cui il cinema ha (ri)scoperto le luci al neon, “Enter The Void” si colloca come una poderosa testimonianza di un’estetica ormai divenuta di taglio mainstream. Le insegne luminose a scopo pubblicitario si sono definitivamente incorporate con un linguaggio cinematografico aggressivo e diretto, volto a sollecitare continuamente lo sguardo dello spettatore. Così, tra storiche derive cyberpunk (“Blade Runner”) e importanti pellicole orientali (pensiamo a “2046” di Wong Kar-Wai o al cinema noir di Hong Kong), questo immaginario si è poi diffuso a macchia d’olio durante l’ultimo decennio, penetrando nel DNA di alcuni registi ormai legati a doppio filo con questo aspetto: uno su tutti è Nicolas Winding Refn e i suoi recenti “Solo Dio Perdona” (2013) e “The Neon Demon” (2016).
“Enter The Void” è un progetto che frullava da anni nella testa di Gaspar Noé, ma la sua realizzazione fu possibile solo dopo il successo commerciale di “Irréversible” (2002). In questo caso il regista franco-argentino aumenta a dismisura la dose di sperimentazione visiva, lavorando su due binari differenti ma tra loro complementari, il primo legato a un’alterazione del livello di percezione (causato dall’uso di sostanze stupefacenti), il secondo invece incentrato su alcune innovazioni tecniche sia in fase di produzione che di post-produzione (telecamere che si muovono su grosse gru e successivamente un utilizzo imponente di effetti digitali). Il risultato è un trip psichedelico fortemente tecnologico, non a caso ambientato in una metropoli all’avanguardia come Tokyo.

enter the_void2Oscar è un giovane spacciatore appena sbarcato in Giappone: egli vive in una stanza con la sorella Linda ed è attratto dalle droghe allucinogene, per lui una vera e propria ossessione. Finito in trappola all’interno di un club chiamato The Void, Oscar muore nella toilette del locale crivellato di colpi dalla polizia. Da questo momento, il protagonista inizia a vivere un’esperienza extra corporea, viaggiando attraverso il passato e il futuro alla (ri)scoperta di traumi ed esperienze. Praticamente un delirio continuo, nel quale Noé mette in circolo tematiche di non facile assimilazione come la psicoanalisi o la reincarnazione.
Tutto ha inizio con lo splendido bombardamento dei titoli di testa: un punto di partenza rimarcabile, in quanto “Enter The Void” tende a fagocitare l’individuo all’interno di una società epilettica, alienante, dove siamo continuamente martellati da messaggi subliminali. Una sorta di rituale esoterico che conduce all’oblio della carne, una liberazione dei sensi che avviene esclusivamente al di fuori della realtà. Gaspar Noé non nasconde mai la mano insistendo su questa direzione per alcuni indigesta, per altri coraggiosa. Non possiamo che schierarci dalla sua parte, poiché questo tentativo di oltrepassare i confini stessi del cinema visionario si dimostra decisamente riuscito, nonostante qualche passaggio tirato troppo per le lunghe (soprattutto nelle battute conclusive). “Enter The Void” è una riflessione post mortem a dir poco maniacale, un viaggio lisergico illuminato da piani sequenza e soggettive studiati nei minimi particolari: l’anima di Oscar è quindi la telecamera e di conseguenza i nostri occhi, uno spirito fluttuante che travalica ogni concezione di spazio e di tempo.
Chiamatelo autoreferenziale, vacuo, metafisico, cervellotico o presuntuoso, “Enter The Void” è comunque un punto di non ritorno. Entrare significa stare alle regole del gioco, lasciarsi trasportare da questo caleidoscopio di sensazioni indefinite, come in quel limbo descritto nel Libro Tibetano Dei Morti in cui l’anima cosciente si muove dopo la dipartita, in attesa della rinascita. Buddhismo 2.0 folgorato dalle luci al neon.

4

(Paolo Chemnitz)

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