E Johnny Prese Il Fucile

e johnny prese il fuciledi Dalton Trumbo (Stati Uniti, 1971)

Probabilmente alcuni di voi hanno conosciuto questo film grazie al celebre video di “One”, uno dei brani più acclamati dei Metallica. Questa canzone prende spunto proprio da “Johnny Got His Gun” e dal relativo libro scritto dallo stesso regista Dalton Trumbo nel lontano 1939. Ma non era la prima volta che i Four Horsemen prendevano ispirazione da una pellicola, ricordiamo ad esempio la loro precedente “Welcome Home (Sanitarium)”, un tributo allo splendido “Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo” (1975) di Milos Forman.
“E Johnny Prese Il Fucile” (questo il titolo italiano) è un lungometraggio duro da mandare giù, si tratta infatti di una rappresentazione spietata della guerra che come spesso accade si accanisce sui poveri innocenti mandati al fronte a combattere: un manifesto chiaramente antimilitarista e oltretutto antifascista (il brillante talento di Trumbo incontrò notevoli problemi che gli valsero l’inserimento nella Hollywood blacklist, così molte sue sceneggiature furono firmate sotto falso nome in quanto egli da tempo si era dichiarato comunista). L’unica sua apparizione dietro la telecamera rimane proprio questa qui in esame, un progetto fortemente contrastato realizzatosi solamente quando Trumbo era ormai sessantaseienne, uno sforzo poi ripagato con il Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes nel 1971.
Joe Bonham è un giovane statunitense chiamato al servizio di leva e inviato a combattere sul fronte francese per la prima guerra mondiale. Durante l’ultimo giorno del conflitto egli viene colpito da una granata ma gli alleati riescono miracolosamente a salvarlo, ricoverandolo in un ospedale militare. Joe tuttavia è ridotto a un tronco umano: ha perso gli arti superiori e quelli inferiori, la vista, l’udito e vive attaccato a un respiratore, alternando i momenti di veglia a ricordi della sua esistenza passata con suo padre o con la sua fidanzata Kareen. Dopo alcuni anni in questa condizione e impossibilitato a comunicare col mondo esterno (i movimenti del capo vengono scambiati per spasmi muscolari), Joe riesce finalmente a stabilire un contatto umano con un’infermiera, la quale riesce a percepire il suo dolore. Ma il grido di aiuto del ragazzo non viene ascoltato dai medici: meglio lasciarlo in vita come oggetto di studio invece di ricorrere all’eutanasia.
Inside me, I’m screaming and yelling and howling like a trapped animal. And nobody pays any attention. If I had arms, I could kill myself. If I had legs, I could run away. If I had a voice, I could talk and be some kind of company for myself. I could yell for help, but nobody would help me”. “Johnny Got His Gun” è un film che suscita continue riflessioni: oltre agli orrori della guerra, Trumbo prende in considerazione l’accanimento terapeutico come mezzo utilizzato dalla scienza su questa cavia umana ridotta allo stato vegetale. Le scene in b/n ci raccontano passo dopo passo l’agonia del protagonista e restano scolpite a lungo nella nostra mente, mentre quelle a colori (a volte tirate troppo per le lunghe e sinceramente meno interessanti) sono legate ai sogni e ai ricordi di Joe, in una girandola di flashback che appesantiscono una narrazione già piuttosto statica e alienante nelle tragiche immagini dell’ospedale. Quella di Dalton Trumbo è un’opera riuscita ma che bisogna saper sezionare con la giusta attenzione, concentrandosi soprattutto sul dolore del ragazzo e non sulla retorica che a volte si affaccia tra le sequenze a colori del film. Cinema straziante.

3,5

(Paolo Chemnitz)

e johnny

 

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