Cold Skin

cold skindi Xavier Gens (Spagna/Francia, 2017)

“Cold Skin” è un film di Xavier Gens basato sull’omonimo romanzo del catalano Albert Sánchez Piñol, un libro tradotto in trentasette lingue che ha venduto oltre centocinquantamila copie in tutto il mondo. Eppure, al di là della bontà della proposta, “Cold Skin” sembra una storia già sentita, un mix di sensazioni letterarie che riportano in mente le desolate atmosfere di Howard Phillips Lovecraft, la solitudine avventurosa di “Robinson Crusoe” e soprattutto un racconto incompiuto di Edgar Allan Poe, “Il Faro”, con il quale il film condivide più di un elemento. Il regista francese riesce però ad amalgamare il tutto nel miglior modo possibile, evitando di naufragare in un minestrone senza senso in bilico tra più generi.
La prima guerra mondiale sta per infuriare, ma lo scopriamo solo da un giornale che riporta l’assassinio di Francesco Ferdinando d’Asburgo: ci troviamo nel bel mezzo dell’oceano, dove un piroscafo sta per attraccare su un’isola remota nella zona antartica. Qui un giovane irlandese (Friend, interpretato da David Oakes) deve dare il cambio a uno studioso di meteorologia presente da un anno in quel luogo così impervio e perennemente battuto dal vento. Ma sull’isola non c’è più nessuno, eccetto lo strambo guardiano del faro (Gruner, un ottimo Ray Stevenson). Quando cala la notte, il protagonista inizia a percepire delle strane presenze attorno alla sua dimora, oscure creature anfibie che presto si materializzano minacciando la sua vita e quella di Gruner, in realtà abituato da tempo a difendersi con la violenza da queste scorribande. Ma “Cold Skin” non è solo cinema d’assedio, perché Xavier Gens mette perennemente a confronto i due uomini, il primo saggio e rispettoso nei confronti del diverso, il secondo ormai fuori di testa e convinto di poter debellare definitivamente quell’esercito di bestie (il regista esplora ancora una volta il tema della follia, dopo il claustrofobico “The Divide”). Gruner ha persino ammaestrato e sottomesso una di esse, un ominide di sesso femminile (Aneris, il contrario di sirena) con il quale pratica amplessi quotidiani (derive zoofile prive di sentimento, altro che il pene retrattile politically correct della creatura di Guillermo Del Toro!).
La pellicola è stata girata tra Lanzarote e l’Islanda, location fantastiche avvalorate da una notevole fotografia (sia diurna che notturna). Sono proprio le atmosfere dell’isola a farla da padrona, scogliere battute dall’oceano in tempesta sotto un cielo minacciosamente plumbeo, un chiaro riferimento alla pittura romantica di Caspar David Friedrich (citato esplicitamente sia nella locandina che in una scena del film, un palese omaggio al celebre dipinto “Viandante Sul Mare Di Nebbia”). Se Xavier Gens avesse caricato ancora di più l’attesa prima dell’apparizione di queste creature, “Cold Skin” ne avrebbe guadagnato ulteriormente in tensione, ma una volta entrati nel vivo della storia è difficile non appassionarsi alle vicende. Il film evita anche di strafare (gli effetti digitali sono utilizzati con parsimonia), lasciando correre con un discreto ritmo queste immagini mozzafiato, un’avventura fuori dal tempo finalmente degna di essere ricordata. Un gradito e sorprendente ritorno quindi, nonché una profonda riflessione sul ruolo marginale dell’uomo nei confronti della natura sovrana.

4

(Paolo Chemnitz)

cold skin movie

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