Bestialità

bestialitàdi Peter Skerl (Italia, 1976)

“Bestialità” è un film che si distingue non poco all’interno della bollente stagione del cinema bis italiano. Si tratta di un prodotto controverso che ancora una volta prende di mira la ricca borghesia in vacanza: ossessione, trasgressione e l’elemento perturbante della zoofilia come ciliegina sulla torta, per una pellicola realmente di confine soprattutto se consideriamo le scene di taglio erotico.
La partenza non lascia dubbi al riguardo: Jeanine è una bambina rimasta traumatizzata dopo aver scoperto la mamma impegnata in un amplesso con un dobermann, immagini che rasentano il trash ma che ovviamente creano un effetto shock non indifferente anche negli occhi dello spettatore. Anni dopo, ritroviamo la ragazza ormai maggiorenne (interpretata dalla sempre conturbante Leonora Fani), una giovane rimasta segnata in modo indelebile da quell’evento. Jeanine si imbatte in una coppia adulta in crisi (Paul e Yvette, rispettivamente Philippe March e Juliette Mayniel), i quali la prendono in simpatia senza però conoscere il suo terribile segreto. C’è infatti un dobermann accanto a lei, ma c’è anche un dolore che riaffiora con prepotenza proprio nelle splendide immagini conclusive, una chiusura del cerchio amara e drammatica.
Peter Skerl (svedese naturalizzato italiano) scrive e dirige “Bestialità” con l’ausilio dell’onnipresente Luigi Montefiori (aka George Eastman). Ne esce fuori un lavoro a tratti noioso e discontinuo ma incredibilmente affascinante, a cominciare dalla storia della protagonista. Il sesso è mostrato attraverso tutte le sfumature possibili: c’è la perversione (il rapporto con il cane, tra il weird e il ridicolo), la trasgressione (il threesome dai contorni surreali) e persino l’orrore (l’attacco epilettico), un compendio di situazioni al limite che ben si integrano con lo scenario marittimo nel quale si svolgono gli eventi (ci troviamo dalle parti del Monte Argentario, una suggestiva location già sfruttata da “Interrabang” di Giuliano Biagetti).
Il cast è di tutto rispetto: accanto ai succitati attori, troviamo anche Enrico Maria Salerno, Franca Stoppi e addirittura una giovane e già disinibita Ilona Staller (completamente a suo agio nelle vesti di provocante biondina). Oltre a loro, un folto gruppo di benestanti descritti da Peter Skerl con una certa ambiguità – soprattutto nei dialoghi – a tratti veramente allucinanti ed esagerati (“tu invece sei una mignotta che cerchi il cazzo più lungo della lingua per prolungare il ponte che ti separa dell’effimera sponda del successo”). Fantastico. “Bestialità” non è quindi una pellicola che lascia indifferenti: può irritare, può ammaliare ma può anche far sorridere, al di là di una confezione non impeccabile su cui comunque possiamo chiudere un occhio. Un anno dopo “La Bestia” (1975), ecco una delle più intriganti e morbose risposte al capolavoro di Walerian Borowczyk. Solo il cinema italiano degli anni settanta poteva concepire un film così scabroso.

3

(Paolo Chemnitz)

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