di Tinto Brass (Italia/Stati Uniti, 1979)
Quello di Caligola è un personaggio storico che si presta alla perfezione per il cinema che piace a noi. Un regno breve (dal 37 al 41) segnato dall’autocrazia e dal disprezzo della classe senatoria, ma soprattutto da continue stravaganze, perversioni e depravazioni. Un individuo eccentrico, la cui avventura sul trono di Roma terminò a soli ventotto anni (Caligola fu assassinato da alcuni soldati della guardia pretoriana).
“Io esisto dal principio del mondo ed esisterò finché l’ultima stella non cadrà dalla notte. Anche se ho preso la forma di Gaio – detto Caligola – io sono tutti gli uomini e nessun uomo e perciò io sono Dio”. Nel film di Tinto Brass l’imperatore è il centro assoluto, gli eventi storici infatti vengono trattati con molta libertà: non è questo però il problema che affligge l’opera, in quanto durante la visione avvertiamo una certa frammentazione dovuta al fatto che Brass, Gore Vidal (lo sceneggiatore) e Bub Guccione (editore di Penthouse e produttore della pellicola) non andarono per nulla d’accordo. Se Brass in partenza non era convinto dello script di Vidal, Guccione alla fine si impose e girò alcune scene aggiuntive (tutto materiale pornografico) mettendo fuorigioco il regista milanese, una serie di disaccordi che fecero slittare l’uscita del film al 1979, quando in realtà le riprese erano iniziate tre anni prima!
Finiti i guai sul set, cominciano quelli con la censura: durante l’anteprima, “Caligola” (questo il vero titolo originale) si becca subito una denuncia per oscenità e infine dopo altre segnalazioni l’opera viene sequestrata e sparisce dalla circolazione, per poi essere riammessa nei cinema nel 1984 (con la denominazione “Io, Caligola” e con un montaggio stravolto, ma anche in questo caso i tagli netti dell’inquisizione riducono la pellicola da 133 a 86 minuti). Al di là di tutte le vicissitudini censorie e non, il consiglio è quello di recuperare la versione integrale della durata di 155 minuti, ormai da tempo facilmente reperibile anche in edizione home video.
Malcolm McDowell (“Arancia Meccanica”) è il perfetto protagonista di un lungometraggio che oscilla di continuo tra momenti di grande cinema e alcune fasi eccessivamente tirate per le lunghe. Paradossalmente, tutte le immagini legate al sesso sono molto suggestive e tra le più imponenti del film, una pornografia barocca e sovraccarica fatta di orge e di deliranti perversioni. Caligola stesso ha un rapporto incestuoso con la sorella, ma non sono queste le scene che fanno sobbalzare dalla poltrona, poiché orrori ed efferatezze di vario tipo si rincorrono senza sosta in un crescendo piuttosto aberrante (tra stupri, evirazioni e giustizia sommaria dettata dalla paranoia costante in cui viveva l’imperatore).
Tinto Brass qui è ancora nel suo periodo d’oro (“Salon Kitty” è del 1976, ma apprezziamo non poco anche le sue opere precedenti) ed è un peccato che questo lavoro non abbia trovato quella giusta continuità che avrebbe permesso una maggiore coesione tra i vari elementi. “Io, Caligola” è praticamente un kolossal estremo dal taglio teatrale, pomposo ma anche pacchiano, con riferimenti persino a Fellini (“Satyricon”) e un pregevole squilibrio psicologico che si insinua nella valida caratterizzazione dei personaggi. Tante belle cose – inclusa la minacciosa apertura affidata alla musica di Sergei Prokofiev – ma pure un senso di insoddisfazione latente dettata appunto dai troppi sballottamenti produttivi che hanno in qualche modo segnato in negativo il film. Forse, anche per tale ragione, Joe D’Amato con il suo “Caligola: La Storia Mai Raccontata” (1982) è riuscito a fare di meglio (con meno soldi, per giunta). Comunque sia, il Caligola di Tinto Brass è una visione obbligatoria per ogni cultore del cinema di confine.
(Paolo Chemnitz)
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Film notevole, pure nelle sue esagerazioni.
"Mi piace"Piace a 1 persona