Sette Note In Nero

7di Lucio Fulci (Italia, 1977)

“Sette Note In Nero” è probabilmente il film più sottovalutato di Lucio Fulci. Il motivo è semplice, il 1977 è un anno in cui il giallo all’italiana ha già segnato il passo lasciando spazio ad altre derive cinematografiche: Dario Argento è in piena fase horror (“Suspiria”) e registi acclamati come Sergio Martino o Umberto Lenzi si stanno dedicando a progetti differenti (western, film di avventura e poliziotteschi). Il pubblico vuole altro, ma Fulci in realtà non guarda soltanto indietro, poiché propone un’opera che anticipa tanti futuri thriller psicologici basati su flashback e flashforward, nei quali il meccanismo a incastro deve funzionare alla perfezione per non sprofondare impietosamente. In questo caso, la sceneggiatura (più volte rimaneggiata) da Dardano Sacchetti, Roberto Gianviti e dallo stesso Fulci si dimostra perfetta e senza sbavature.
Virginia (Jennifer O’Neill) si è appena sposata con il toscano Francesco Ducci, interpretato da Gianni Garko: sin da piccola la donna aveva mostrato doti istintive di chiaroveggenza, percependo addirittura il suicidio della madre sulle scogliere di Dover mentre lei si trovava in collegio a Firenze. Presto la protagonista intravede alcuni particolari di un delitto avvenuto pochi anni prima nella villa del marito, un omicidio nel quale viene occultato un cadavere dietro una parete. Nonostante le accurate indagini della polizia, Virginia è costretta a confrontarsi con un’agghiacciante verità che vede lei stessa coinvolta in un torbido quanto oscuro destino.
Lucio Fulci predilige la tensione al sangue, puntando i riflettori sull’aspetto psicologico dei personaggi e sulle visioni che perseguitano la donna (l’uso dello zoom a tal proposito diventa ossessivo). Anche se la parte iniziale stenta a prendere il volo (l’unica cosa che decolla è un orrendo manichino che si sfracella giù da una rupe), “Sette Note In Nero” offre il meglio di sé con il trascorrere dei minuti, quando la storia7poster inizia tragicamente a rimescolare le carte, ingannando anche noi spettatori. La location è molto suggestiva (molte scene sono girate tra Siena e Arezzo) e le atmosfere si tingono di macabro quando osserviamo Virginia immersa in quei saloni inquietanti, tra i colori caldi e pastosi delle splendide scenografie e quel carillon che sembra voler suggerire un imminente evento infausto (un plauso all’ottima colonna sonora del trio Bixio Frizzi Tempera).

Conosciuto e apprezzato all’estero con il titolo alternativo “The Psychic” (in Francia invece è “L’Emmurée Vivante”), “Sette Note In Nero” non lascia alcun dubbio sul suo effettivo valore e si colloca idealmente come il secondo miglior giallo di Lucio Fulci dopo l’inarrivabile “Non Si Sevizia Un Paperino” (1972). Un film definito dallo stesso regista essenziale nella sua costruzione temporale che ingloba al suo interno passato, presente e futuro. Oltre all’aspetto puramente thriller, la pellicola è inoltre attraversata da elementi sia drammatici che mystery che la pongono ben al di sopra rispetto ai confini canonici del genere di riferimento. Fulci qui lavora in piena libertà, ma la semplicità apparente della storia si scontra con la complessità allucinante di questa deriva parapsicologica, visioni fuori dal tunnel che si aprono a nuovi livelli di percezione. Avvolgente e opprimente.

4

(Paolo Chemnitz)

7note

 

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