Brood – La Covata Malefica

brooddi David Cronenberg (Canada, 1979)

“Brood – La Covata Malefica” (o più semplicemente, “The Brood”) segna una svolta importante nel cinema di David Cronenberg. Dopo due pellicole dedicate alla diffusione di una pandemia sessuale (“Il Demone Sotto La Pelle” e “Rabid”), il regista canadese questa volta mette in relazione il corpo con la psiche, spostando le sue tematiche portanti sulle pulsioni della mente (argomento che ritroviamo anche nel successivo “Scanners”). Inoltre “The Brood” si avvale di una distribuzione più capillare e di attori di respiro internazionale, in questo caso un magnetico Oliver Reed e una spaventosa Samantha Eggar (che ancora oggi ricordiamo per quelle sequenze conclusive da brivido).
Nola, moglie di Frank Carveth e mamma della piccola Candice, si trova ricoverata nella clinica del Dottor Raglan, inventore di una cura psichiatrica denominata psicoplasmia: l’uomo costringe la paziente a una rigida reclusione, una sfida ai limiti della scienza che riesce a materializzare la rabbia repressa di Nola sotto forma di strani e inquietanti bambini deformi. A pagarne le conseguenze sono proprio le persone vicine alla sua famiglia, a cominciare dalla nonna di Candice, uccisa a martellate da questi orrendi mostriciattoli.
David Cronenberg realizza un horror originale e ricco di spunti, senza mai trascurare la sceneggiatura. Se infatti nella prima parte del film viene approfondito l’aspetto familiare (con un approccio al genere quasi drammatico), la vera esplosione avviene nelle raccapriccianti scene finali, un epilogo che rappresenta il meglio del cinema estremo cronenberghiano. L’idea delle turbe mentali collegate a una reazione fisica viene sfruttata alla perfezione: queste creature incutono davvero timore muovendosi in un ambiente gelido e quasi monocromatico, proprio come la città di Toronto (l’ennesimo cupo scenario canadese che ritorna prepotentemente nella cinematografia del regista).
Nola Carveth genera odio, una distorta famiglia parallela in opposizione a quella originaria, un nucleo tradizionale che bisogna in qualche modo annientare. Ancora una volta David Cronenberg si dimostra così un lucido interprete della postmodernità, filtrata attraverso sottili quanto ingegnose metafore. E’ difficile stabilire quale sia il vero capolavoro del regista canadese durante gli anni iniziali della sua carriera, ma restando ancorati alle sue prime quattro opere, non c’è dubbio che “The Brood” sia quella più lugubre e disturbante, con ambizioni psicologiche ben strutturate e una certa innovazione nei contenuti che farà strada negli anni a venire (non solo all’interno della stessa filmografia del regista, pensiamo ad esempio al recente “Citadel” di Ciarán Foy, devoto in più di una occasione a questa memorabile covata malefica). Indimenticabile.

5

(Paolo Chemnitz)

broodpic

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