Tokyo Decadence

tokyo ddi Ryû Murakami (Giappone, 1991)

La versione italiana di “Tokyo Decadence” è praticamente un altro film: al contrario dei 135 minuti di durata dell’originale, da noi i tagli la accorciarono di circa quaranta minuti. Ma le scene scabrose non sono state affatto censurate, le sequenze mancanti infatti riguardano per lo più la vita privata della protagonista Ai (Miho Nikaido), la cui caratterizzazione del personaggio nell’edizione segata risulta purtroppo non pervenuta.
“Tokyo Decadence” è un lavoro che forse ha raccolto di più rispetto a quanto potesse realmente meritare. Il titolo internazionale, a dispetto di quello nipponico (“Topâzu”, da un’anello di topazio rosa citato nel film), è accattivante e ben si adatta alla tematica portante: un’opera sul tempo che sta per scadere, sia per la giovane Ai che per il Giappone, ormai sull’orlo della recessione degli anni novanta. Una decadenza morale ed economica che viene rappresentata senza alcun timore dal regista (e scrittore) Ryû Murakami, già autore del romanzo omonimo nel 1988.
Ai è una squillo di alto bordo: tramite i suoi occhi, la pellicola accompagna lo spettatore in un opprimente labirinto di perdizione cresciuto all’ombra della bubble economy. Uomini d’affari e impiegati frustrati si sfogano nel sesso a pagamento e nel sadomasochismo, ostentando una ricchezza senza dignità attraverso un atteggiamento volgare (i dialoghi sono sboccati ed espliciti) e mai rivolto alla soddisfazione reale di un’esigenza fisica. L’erotismo presente in “Tokyo Decadence” è meccanico come il ronzio costante di un vibratore, è freddo come le luci al neon di una metropoli senza più anima, è un automatismo che conduce all’eccitazione solo attraverso il disprezzo per se stessi. La scena nel grattacielo è a dir poco eloquente, con la protagonista umiliata appoggiata alle vetrate e ridotta quasi a una creatura androgina: l’uomo riempie i suoi capelli di gel (una mortificazione della femminilità) per poi costringerla a un’estenuante giochino (“sfilati le mutandine ondeggiando lentamente il culo, sfilale piano cinque millimetri alla volta, devi sembrare una segretaria in calore”).
Quando la ragazza si accorge che la sua vita sta scorrendo via senza una vera prospettiva, il tentativo di rientrare nella società e di recuperare i sentimenti perduti si dimostra vano, come testimoniato da un finale struggente e malinconico. Quello di Ryû Murakami è un cinema erotico d’autore, capace di non lasciare in disparte una dimensione umana e drammatica che purtroppo viene sviluppata con maggior rigore solo nella versione integrale del film. “Tokyo Decadence” non è quindi softcore gratuito utilizzato solo per stimolare la nostra mente, poiché qui sia la componente sessuale che quella feticista generano anche disgusto e repulsione, all’interno di un contesto storico delicato per il destino del Sol Levante. Il voto complessivo si riferisce alla pellicola tagliata, in attesa di una visione uncut che possa rivalutare ulteriormente un prodotto non imprescindibile ma comunque meritevole di considerazione.

3

(Paolo Chemnitz)

tokyo decadence

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