di Sergio Martino (Italia/Spagna, 1972)
Ancora prima del film di Sergio Martino, “Tutti I Colori Del Buio” è il titolo di un romanzo di fantascienza scritto da Lloyd Biggle e pubblicato nel 1963. Ma non c’è alcuna connessione tra il libro e l’opera del regista romano, qui alle prese con il suo giallo più oscuro e paranoico, figlio delle tematiche lanciate da Roman Polanski e di tutta quella corrente filo-occultistica che stava imperversando nel cinema bis a cavallo tra i 60s e i 70s.
Jane (Edwige Fenech) è una donna traumatizzata: da piccola aveva assistito all’omicidio della madre, mentre poco tempo prima un incidente automobilistico l’aveva privata della gravidanza. Temendo di impazzire e su consiglio della sorella Barbara, Jane si rivolge a uno psichiatra. Nel frattempo conosce una certa Mary, una misteriosa signora trasferitasi da poco nel suo palazzo (alla quale confida i suoi disturbi). Col pretesto di aiutarla, quest’ultima trascina la protagonista in un circolo esoterico dove la sera si radunano una serie di adepti per celebrare un sabba, una messa nera (officiata da un carismatico sacerdote) nella quale si consumano orge e sacrifici di animali. Sconvolta da questi eventi, Jane si sente perseguitata e inizia a confondere il mondo reale con una serie di incubi che diventano sempre più allucinati.
Se il buio è rappresentato da questo viaggio onirico criptico e straziante, i colori al suo interno si riferiscono al caleidoscopio di sfumature che si avvicendano: luci, immagini, figure, tutto viene filtrato e assorbito in questo mood psichedelico dove anche i volti delle persone si moltiplicano come in un gioco di specchi, un labirinto mentale che cambia prospettiva di continuo. Sergio Martino costruisce un thriller psicologico complesso e cangiante, debitore anche di un certo cinema horror più visionario: lo notiamo nel magnifico incipit, nel quale Jane si sveglia in seguito a un sogno surreale, deforme e a dir poco terrificante. Cupe sensazioni che con il trascorrere dei minuti si ripetono con diverse modalità ma che non sempre riescono a essere supportate da una sceneggiatura altrettanto valida, forse il vero punto debole di “Tutti I Colori Del Buio”. Il film infatti tende ad accartocciarsi su se stesso in più di un’occasione, per poi riemergere con un gran colpo di coda quando si scoprono le carte e viene a galla tutta la verità. Ma la pellicola, oltre a mettere in luce una regia di buon livello, la ricordiamo soprattutto per l’ammaliante presenza sensuale della Fenech (qui forse al suo apice assoluto) e per una colonna sonora magica e arcana realizzata da Bruno Nicolai. Tante piccole prerogative che fanno di questo film un raro esempio di giallo all’italiana sui generis, capace di distinguersi anche all’interno della stessa filmografia di Sergio Martino (in questo scorcio dei 70s impegnato in molte opere di taglio simile, alcune delle quali divenute di culto: “Lo Strano Vizio Della Signora Wardh” e “I Corpi Presentano Tracce Di Violenza Carnale”).
“Tutti I Colori Del Buio” è un lavoro che bisogna sezionare al di là della sua interezza, per coglierne il fascino delle singole scene e di un barocchismo dominante che ben si sposa con gli stati allucinatori della protagonista. Un film tanto bello quanto disorganico.
(Paolo Chemnitz)