di Georges Franju (Francia/Italia, 1960)
Quando nel 1978 fu scelta la maschera che avrebbe dovuto indossare Michael Myers in “Halloween”, John Carpenter fu profondamente ispirato da quella utilizzata dall’attrice Edith Scob in questo film. Ma l’importanza di “Occhi Senza Volto” non si ferma qui: a due anni di distanza dalla sua uscita, Jess Franco si lascia influenzare dall’opera di Franju per “Il Diabolico Dottor Satana” (1962), esperienza da lui ripetuta in seguito con “I Violentatori Della Notte” (1987), mentre in Italia Sergio Garrone realizza “La Mano Che Nutre La Morte” (1974) con l’immancabile mad doctor di turno interpretato da un gelido Klaus Kinski. Recentemente, un regista come Pedro Almodóvar, partendo dallo stesso assunto ma percorrendo strade diverse, ha diretto “La Pelle Che Abito” (2011), ennesimo richiamo a questa pietra miliare del cinema francese.
“Les Yeux Sans Visage” (il titolo originale) è la storia di un illuminato chirurgo (il Professor Génessier) che cerca in tutti i modi di ridare un volto alla figlia Christiane, rimasta sfigurata dopo un terribile incidente stradale. L’uomo, con la complicità della sua fidata assistente Louise (Alida Valli), rapisce giovani ragazze nel tentativo di trapiantare il loro viso su quello della figlia, ma nessuno dei vari esperimenti sembra andare a buon fine: presto la polizia comincia a indagare sulla sparizione di queste fanciulle, prima del tragico ma inevitabile epilogo.
Quella del regista francese è un’incredibile commistione di generi: in “Occhi Senza Volto” l’horror convive con il fantastico e il dramma si mescola con il noir, elementi bilanciati alla perfezione da una regia di ottima fattura e da un b/n molto suggestivo, fin dallo splendido e inquietante incipit. Franju è poetico, realistico (almeno nella prima parte del film) e adopera un linguaggio estetico molto elegante. Più che il rapporto tra il medico e la sua amata figliola, colpisce la fredda interpretazione di una glaciale e sottomessa Alida Valli, il personaggio più affascinante che incontriamo durante questi novanta minuti di visione.
Insieme al contemporaneo “La Maschera Del Demonio” (1960) di Mario Bava, “Occhi Senza Volto” è un’altra pellicola fondamentale per lo sviluppo dell’horror moderno, soprattutto per il modo esplicito con il quale vengono mostrati alcuni particolari legati al trapianto del viso. La scena dell’operazione chirurgica anticipa infatti proprio quel cinema estremo a cui siamo tanto devoti: la critica all’epoca definì il lavoro di Franju violento e scandaloso, praticamente un film malato (la proiezione al festival di Edimburgo del 1960 causò una serie svenimenti tra il pubblico). Sarà anche per questo motivo che a noi piace tanto, come una fiaba nera trapassata da un orrore ossessivo, ammaliante e per giunta malinconico. Basilare.
(Paolo Chemnitz)