di Ilmar Raag (Estonia, 2007)
Lo (school) shooting movie è un sottogenere del cinema drammatico che si focalizza su stragi compiute all’interno di scuole, campus universitari o altri luoghi pubblici frequentati per lo più da giovani. Queste storie prendono ispirazione da episodi di cronaca nera realmente accaduti, pensiamo a pellicole come “Elephant” (2003) di Gus Van Sant o “Polytechnique” (2009) di Denis Villeneuve, due tra i titoli più importanti del filone. Conseguenza vuole che film di questo tipo siano sempre produzioni nord americane (dove si spara allegramente in ogni dove), ma l’eccezione che conferma la regola giunge puntuale grazie a una misconosciuta pellicola del 2007 proveniente da una piccola repubblica baltica, l’Estonia. In questo caso il regista Ilmar Raag non prende spunto da un caso specifico, ma utilizza la tematica della tragica ritorsione come risultato ultimo di una continua e assillante umiliazione psicologica nei confronti delle vittime. Una vicenda immaginaria che accade in Estonia, ma che potrebbe materializzarsi ovunque nel mondo.
Joosep è un ragazzino timido e impacciato: i bulli della sua classe (capitanati da Anders) lo prendono costantemente di mira e nessuno tranne l’amico Kaspar sembra intenzionato a difenderlo. Il padre di Joosep è più interessato alle armi che ai problemi del figlio e questa mancanza di comunicazione tra i due diventa uno snodo cruciale del film, un’opera dura e realistica impregnata di omertà e di incapacità di aprirsi al prossimo per ascoltarlo e comprenderlo. Quando gli scherzi e le derisioni diventano sempre più pesanti da sopportare, nel protagonista scatta una molla che lo conduce verso il punto di non ritorno: Joosep così, aiutato dal fidato Kaspar, torna nella scuola armato fino ai denti per compiere la sua vendetta, in un finale shock che ribalta ogni regola e ogni gerarchia.
Ilmar Raag gira in maniera molto grezza senza concedere nulla allo spettacolo e indirizzando lo sguardo della telecamera sulla perdita di controllo da entrambe le parti: “Klass” è una lenta discesa nella follia più nichilista, un fuoco incrociato che viene alimentato sia dalla violenza (persino il cyberbullismo) che dall’assenza completa delle istituzioni (scuola e famiglia). I giovani attori sono perfettamente calati nei vari personaggi (ognuno dei quali con un certa libertà di improvvisazione), adolescenti portatori di un disagio inestirpabile che si traduce in rabbia repressa e dolore esistenziale. “Klass” è privo di ironia, è irrequieto, è semplice ma allo stesso tempo è cinema che scava nei meandri di una società incapace di risolvere i conflitti del quotidiano, quelli che con il trascorrere dei giorni si trasformano in vera e propria guerra. La legge del branco qui viene applicata alla lettera e i risultati sono particolarmente devastanti: quella del regista estone è una visione obbligatoria che aiuta anche a riflettere a fondo su un problema universale che affligge le nuove generazioni.
(Paolo Chemnitz)
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