Horrors Of Malformed Men

horrors of mmdi Teruo Ishii (Giappone, 1969)

Tra le più curiose produzioni nipponiche di fine anni sessanta, “Horrors Of Malformed Men” si ritaglia la sua piccola fetta di popolarità. Un film grottesco, bizzarro, appartenente al filone ero guro nansensu, incentrato più sulla mostruosità deviante dei suoi personaggi che sul sangue o sul sesso. Nonostante ciò, l’opera fu bannata alla sua uscita: non tanto per la violenza (qui meno accentuata rispetto ad altre pellicole contemporanee), ma per i riferimenti espliciti alla deformità corporea,  un argomento considerato tabù in Giappone.
Teruo Ishii prende ispirazione da un racconto del solito Edogawa Rampo, immergendoci all’interno di atmosfere allucinate, surreali, non troppo lontane dalle suggestioni estetiche che rivedremo a breve nel cinema di Alejandro Jodorowsky. Nel film è ancora viva l’esperienza del disastro nucleare (si respira un mood post-apocalittico), ma gli elementi portanti che risaltano agli occhi sono molteplici: uno di questi è quello legato al butoh, una danza contemporanea praticata nel paese fin dagli anni cinquanta. Gli aspetti tipici del butoh sono la nudità del ballerino, il corpo dipinto di bianco, le smorfie grottesche e l’alternarsi di movimenti estremamente lenti con altri più convulsi e frenetici. Anche per questo motivo “Horrors Of Malformed Men” è un film unico, nonostante il suo plot confuso e sfilacciato, nel quale è molto facile perdere la bussola.
L’opera si apre con le immagini di un uomo rinchiuso all’interno di un manicomio: una volta fuori da questo luogo è come se viaggiassimo a ritroso insieme a lui, fino ad approdare su un’isola remota nel mar del Giappone, un posto misterioso abitato da strane creature e da uno scienziato pazzo che attraverso vari esperimenti ha creato una corte di freak. Tra squarci visionari e affondi psichedelici Teruo Ishii ci parla del doppio, della rinascita e di oscuri legami familari, oltrepassando le più semplici dinamiche psicologiche per rinchiuderci in un trip lisergico che stride furiosamente con la spuma delle onde che si infrange sugli scogli. L’artificiosità del laboratorio in opposizione al ruolo simbolico della natura. “Horrors Of Malformed Men” (“Kyôfu Kikei Ningen: Edogawa Rampo Zenshû”) è infatti una pellicola giocata sui contrasti e sulla sperimentazione, sulle amnesie e sulle coincidenze, una parata di situazioni disumane inzuppate nell’acido e in una dimensione artistica a tutto tondo, che oltre alla già succitata danza sfiora anche una palpabile sfera teatrale.
Il consiglio, soprattutto per gli appassionati di cinema (disfunzionale) orientale, è quello di guardare questo film almeno una volta nella vita: è un’esperienza tra le più originali mai partorite nel ventennio dei 60s e 70s, al di là dei limiti evidenti in materia di sceneggiatura, qui ridotta a un mero contorno nebuloso. Una pellicola stravagante in tutto e per tutto.

4

(Paolo Chemnitz)

horrors of mal

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