Autostop Rosso Sangue

autostop_di Pasquale Festa Campanile (Italia, 1977)

Quando l’Abruzzo diventa la California. Per alcuni registi italiani una consuetudine, soprattutto la zona attorno a Campo Imperatore. Succede anche per questo atipico film diretto da Pasquale Festa Campanile, solitamente impegnato nella commedia, un sadico road movie con protagonisti tre volti noti che bucano lo schermo: Franco Nero (qui Walter Mancini), Corinne Cléry (Eve Mancini) e il consueto psicopatico David Hess (Adam Konitz), quest’ultimo doppiato in italiano da Ferruccio Amendola e già protagonista negativo del cult “L’Ultima Casa A Sinistra” (1972). Lo rivedremo poi, sempre nelle vesti di cattivo, in “La Casa Sperduta Nel Parco” (1980) di Ruggero Deodato.
Walter ed Eve sono in viaggio per cercare di salvare un matrimonio ormai alla deriva: durante il loro percorso, si imbattono in un autostoppista di nome Adam. Walter si dimostra contrario a farlo salire a bordo, mentre la moglie insiste nell’aiutare quell’uomo rimasto in panne con l’automobile nel deserto. In realtà Adam sta fuggendo dalla polizia dopo aver compiuto una rapina da due milioni di dollari, soldi che il criminale custodisce dentro una valigia. Non bisogna attendere molto per scoprire la vera natura del malvivente, il quale presto mette sotto scacco anche i due coniugi, costringendoli a diventare loro complici in questo disperato tentativo di fuga (“Adam e Eve, che coincidenza, ma questo non è il paradiso terrestre”).
“Autostop Rosso Sangue” (celebre in America con il titolo “Hitch-Hike”) è un film crudele e nichilista, dove nessun personaggio ne esce positivamente: non bisogna attendere il beffardo finale per accorgersene, perché durante la visione assistiamo a un mutamento dei ruoli molto interessante che coinvolge tutti e tre i protagonisti. Walter è un giornalista furbo ma soprattutto cinico, Eve (definita da Adam “una grandissima fica”) è una donna ambigua che si lascia affascinare dal criminale di turno (la scena dello stupro è sicuramente controversa) e infine c’è proprio Adam, un pazzoide dal grande carisma guidato solo dall’istinto di sopravvivenza. Tutto il cast funziona, la Cléry è davvero magnifica e spesso i dialoghi (sboccati e tutti di buona fattura) riescono a tenere alta la nostra attenzione. Convince di meno la parte centrale, tirata troppo per le lunghe e abbastanza superflua nelle citazioni sparse che omaggiano “Duel” (1971).
Pasquale Festa Campanile dirige senza grandi contraccolpi, lavorando esclusivamente sui tre compagni di viaggio e sulle loro disavventure. Se vi siete mai chiesti perché alla guida dell’auto c’è Corinne Cléry e non Franco Nero, la risposta è semplice: pochi mesi prima l’attore si era rotto una mano sul set di “Keoma” (1976), il famoso western cristologico di Enzo G. Castellari. E pare che invece lo stesso Nero abbia rotto inavvertitamente il naso a David Hess durante una scena di “Autostop Rosso Sangue”. Passaggi di consegne che in qualche modo ritornano anche nella storia, un valido thriller on the road che ancora oggi conserva tutta la sua seducente attrattiva.

3,5

(Paolo Chemnitz)

autostop

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