The Raid 2: Berandal

the-raid-2di Gareth Evans (Indonesia/Stati Uniti, 2014)

Dopo quella bomba a orologeria di “The Raid: Redemption” (2011) sembrava praticamente impossibile attendersi un sequel della stessa portata, eppure Gareth Evans non solo ha mantenuto altissimo lo standard qualitativo, ma ha addirittura cambiato completamente l’approccio alla sua creatura cinematografica. Il prototipo mostrava le stesse dinamiche di un videogioco: ogni piano del grattacielo era come un livello da superare, tra ambientazioni claustrofobiche e azione serrata senza respiro. “The Raid 2: Berandal” segue invece un iter dilatato diviso tra varie location, la prima delle quali è un carcere. Qui ritroviamo Rama (il solito carismatico Iko Uwais) con una nuova identità, infiltrato tra le maglie della criminalità di Giacarta per aiutare la polizia a risalire ai pesci più grossi della città (ma anche per proteggere la sua famiglia da eventuali ritorsioni). Stavolta però lo schema seguito dal regista si apre come un ventaglio, preparando il terreno alle evoluzioni action che si alternano sapientemente alla deriva di taglio crime-gangster movie.
Gareth Evans concentra in due ore e mezza un festival di ultraviolenza che non risparmia niente e nessuno: martellate, teste fracassate, arti spaccati, ferite con armi da taglio e ovviamente tantissimo sangue, un delirio esagerato che predilige come sempre il combattimento body to body (le scene nel fango della prigione sono da consegnare ai posteri) con tanti colpi proibiti frutto della tradizione indonesiana del Pencak Silat, l’arte marziale in cui eccelle il nostro protagonista. Dietro tutto questo grande circo di botte da capogiro, c’è un enorme lavoro coreografico realizzato con maestria dai vari interpreti (coadiuvati da uno staff di fisioterapisti), ennesima prova di una coralità di intenti e di un affiatamento costante che riusciamo a percepire di continuo tra le immagini del film.
Anche se la scalata di Rama è il cardine sul quale ruotano le vicende, la narrazione spesso imbocca vie traverse per poi ricongiungersi con il corpo principale, un fiume impetuoso che cresce a dismisura lasciando esondare la sua potenza nelle sequenze più adrenaliniche: impossibile citarle tutte, ma la scena dentro l’automobile oppure gli scontri mozzafiato nella cucina (girati in ben otto giorni!) restano davvero impressi negli occhi, grazie anche al dinamismo della mdp che permette di esaltare ogni singola inquadratura. Il richiamo ad alcuni espedienti già utilizzati nel cinema di John Woo o in quello di Nicolas Winding Refn è palese (così come la devozione nei confronti di Jackie Chan), ma per questo regista gallese finito in Indonesia gli ingredienti non sembrano mai finire di mescolarsi, perché è tutto così fottutamente avanti che neppure a Hollywood riuscirebbero mai a mettere in moto uno spettacolo di tale levatura.
“The Raid 2: Berandal” è un passaggio obbligatorio per il cinema action estremo del nuovo millennio, una pellicola che ci auguriamo possa presto confluire nel terzo e ultimo tassello della trilogia (da tempo annunciato ma ancora in sospeso). Nel frattempo Gareth Evans sta ultimando il suo nuovo lungometraggio intitolato “Apostle” (2018), oltre a un progetto televisivo in via di sviluppo (“Gangs Of London”) che dovrebbe veder luce nel 2019. Attese spasmodiche su tutti i fronti.

5

(Paolo Chemnitz)

The-Raid-2-Berandal

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