White Lightnin’

whitelightninposterdi Dominic Murphy (Gran Bretagna, 2009)

“White Lightnin’” è un film biografico liberamente ispirato alla vita di Jasco White, un celebre mountain dancer figlio d’arte nato e cresciuto in una zona tra le più depresse degli Stati Uniti, quella attraversata dai Monti Appalachi. Un luogo impervio e retrogrado che il cinema ci ha fatto conoscere più volte, impossibile non citare ad esempio “Un Tranquillo Weekend Di Paura” (1972) di John Boorman.
Il lungometraggio di Dominic Murphy si accoda a un paio di documentari sul tema usciti tempo prima, tra cui “Dancing Outlaw” del 1991 (realizzato come episodio televisivo). Ma è proprio nel 2009 che Jasco White sale alla ribalta della cronaca: viene arrestato (e poi scarcerato) per un ipotetico coinvolgimento in alcune losche vicende legate al mondo della droga, inoltre contemporaneamente il personaggio cresce di popolarità grazie a un nuovo documentario dedicato alla sua famiglia e proiettato al Tribeca Film Festival. Sempre nel 2009, “White Lightnin’” arriva sugli schermi del Sundance Festival, prima di approdare al Festival di Berlino (tra applausi convinti e qualche mugugno).
La pellicola inizia subito a raccontarci l’infanzia difficile e tormentata del protagonista, tra sniffate di gas, il riformatorio e poi il manicomio, nonostante le continue attenzioni di un padre amorevole che durante la fine degli anni sessanta prova a inserire il giovane Jasco nel giro di questa danza redneck a ritmo di banjo. Quando il ragazzo diventa adulto, la morte del genitore segna drasticamente la sua vita: l’attività artistica non lo aiuta più di tanto a liberarsi dai fantasmi che lo perseguitano, così Jasco precipita ulteriormente all’interno di questa spirale autodistruttiva. Assistiamo a scatti di violenza gratuiti e improvvisi, anche nei confronti di una compagna per la quale l’uomo prova dei sentimenti contrastanti, prima di una lenta e inesorabile discesa nella follia, portatrice di un finale addirittura mistico e visionario (“there’s a time when you’ve lived in your own head for too long, that you’ll have the privilege to go insane”).
Dominic Murphy (qui al suo debutto) è un regista che proviene dal settore pubblicitario e questo suo “White Lightnin’” risente anche di questo background non facile da assorbire tutto d’un fiato: sono molte le prerogative che possono piacere o non piacere, come la sceneggiatura frammentata, una costante voce fuoricampo che narra le vicende di Jasco e una fotografia desaturata al limite del b/n. Ma l’originalità del prodotto è fuori discussione.
A white trash psychobilly nightmare è la migliore descrizione possibile per un’opera intrisa di disperazione, un dramma nevrotico e straniante che ricalca (con la giusta dose di fantasia) l’esperienza trascendentale di un uomo condannato fin dalla nascita a una vita divisa tra miseria, alcolismo, droga e (per fortuna) musica: un disagio esistenziale che si trasforma in un vero e proprio calvario surreale. Tutto questo all’interno di una pellicola indipendente decisamente fuori dagli schemi, che vi piaccia o meno.

3,5

(Paolo Chemnitz)

White-Lightnin-2009

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