di Jack Starrett (Stati Uniti, 1975)
“In Corsa Con Il Diavolo” è un film ibrido e forse per questo motivo non è mai riuscito a fare completamente breccia nel cuore degli appassionati. Eppure è un ottimo lavoro, capace di passare dall’horror al thriller on the road nel giro di neppure novanta minuti (senza mai accusare un momento di fiacca).
Ci troviamo in Texas: Frank (un grandissimo Warren Oates) e il suo amico di vecchia data Roger (Peter Fonda, meno brillante) partono per un lungo viaggio diretti ad Aspen (Colorado) in compagnia delle rispettive consorti. Frank possiede un camper di ultima generazione ricco di ogni comfort, uno status symbol per la upper class americana degli anni settanta, non a caso l’idea di base tornerà utile a Wes Craven per il suo “Le Colline Hanno Gli Occhi” (1977). Durante una sosta notturna in una radura nel bel mezzo del nulla, i due protagonisti sono testimoni di un sacrificio umano compiuto da un gruppo di incappucciati che sta officiando un rituale satanico: la curiosità iniziale presto diventa terrore allo stato puro, poiché le due coppie vengono scoperte e inseguite dai membri della setta. Lo sceriffo del paese non sembra molto di aiuto nelle indagini, ma l’intera comunità si dimostra ambigua e ostile nei confronti dei quattro viaggiatori, come se tutti sapessero qualcosa riguardo all’accaduto. Quando l’aria diventa pesante, l’unica possibilità di salvezza è la fuga con il camper, ma per i nostri l’incubo continua sotto forma di un road movie al cardiopalmo.
Jack Starrett, texano di nascita, ci immerge nello stereotipo (in fin dei conti neppure troppo lontano dalla realtà) di un Texas evoluto nelle grandi metropoli e retrogrado nella sua provincia profonda, un luogo dove i segreti più inconfessabili restano nascosti tra gli abitanti del posto. Un dualismo accentuato dalla chiara estrazione borghese dei quattro protagonisti e da quel camper che ben presto si trasforma nell’unico rifugio sicuro, praticamente una casa da difendere a ogni costo dalle irruzioni dei bifolchi assetati di sangue. Uno scontro civiltà versus barbarie che però suscita una riflessione profonda dal momento in cui Frank e gli altri sono costretti a scendere al livello dei loro oscuri inseguitori (l’acquisto del fucile). Uno schema visto più volte al cinema che conferma la natura violenta dell’essere umano, soprattutto quando si tratta di difendere la propria pelle o la proprietà privata (“Cane Di Paglia” insegna).
“In Corsa Con Il Diavolo” (“Race With The Devil”) è una bella testimonianza di cinema exploitation di marca 70s, un film che senza l’ausilio del sangue si concentra maggiormente sulle atmosfere opprimenti che circondano i protagonisti e sull’azione di taglio thriller che si manifesta nella seconda parte (le scene su strada non sono impeccabili, ma Starrett non era certo lo Spielberg di “Duel”). Una pellicola assolutamente sottovalutata, di quelle che catturano l’attenzione fin dagli splendidi titoli di testa e che vorresti durassero all’infinito. Divinamente inquietante.
(Paolo Chemnitz)