Cane Di Paglia

cane didi Sam Peckinpah (UK/Stati Uniti, 1971)

Lei trova la violenza insensata in un film? Io la trovo insensata nella vita”. Questa risposta di Sam Peckinpah riassume alla perfezione il nostro pensiero sul rapporto tra cinema e violenza, uno spunto per la riflessione che molte persone (purtroppo) evitano a prescindere. Dopotutto, questo regista maledetto si è dovuto difendere da accuse infondate di fascismo e misoginia, ma anche da un’industria cinematografica a lui avversa che ha cercato in ogni modo di complicare la sua carriera. Il regista di Fresno però non si è mai piegato al volere altrui: semmai ha preferito lasciarsi andare, perdendosi in una consapevole autodistruzione che nel 1984 è culminata con la morte per ictus.
“Cane Di Paglia” (“Straw Dogs”) è un film meraviglioso, tratto dal romanzo “The Siege Of Trencher’s Farm” di Gordon M. Williams. Pur non essendo un western crepuscolare, Peckinpah non abbandona le sue tematiche portanti, anzi le rinforza proprio alla luce di una storia ambientata nella contemporaneità. Ancora violenza, ancora istinto primordiale, ancora quell’impulso di sopraffazione del più debole insito nella natura umana. Ma David (un grande Dustin Hoffman) può mordere più di chiunque altro, soprattutto se qualcuno osa toccare la sua donna, la sua proprietà, il suo territorio. Sam Peckinpah si muove così al di là del bene e del male, mischiando di continuo le carte del gioco, impregnate costantemente di tensione e di ambiguità (come la figura della moglie Amy e quella scena di stupro passata alla storia per una silente complicità che tanto ha fatto arrabbiare la censura).
Il Messico de “Il Mucchio Selvaggio” (1969) si sposta nella verde ma desolante cornice della Cornovaglia. Cambia dunque il panorama ma non cambia la sostanza: le regole restano immutate e nulla può fermare un uomo deciso a compiere la propria missione. Nel nostro caso David, un timido professore colto e pacifico, il quale muta la pelle trasformandosi in una belva feroce. Un passaggio dalla razionalità al cieco individualismo, un percorso dominato da leggi tribali che sfidano il controllo, un caos che cammina a braccetto con una regia sempre più frenetica e con un montaggio a dir poco frastornante (l’assedio finale è uno dei momenti più alti dell’intera filmografia del regista, un delirio di rara ferocia che sfocia in un vero bagno di sangue).
La situazione in cui si muove il personaggio principale non offre soluzioni: davanti ai comportamenti barbari dell’essere umano, l’intelligenza non può far nulla, così anche l’individuo paziente e disposto al dialogo è costretto a mettersi sullo stesso piano dei suoi aggressori. La morte della ragione, un’amara verità che molti non accettano.
Ci troviamo ancora nel 1971 ma Sam Peckinpah inizia a modellare drasticamente le forme di un cinema senza fronzoli, brutale e politicamente scorretto. Molte cose che vedremo da lì a breve (inclusi i tanto celebri rape & revenge) hanno un debito marchiato a fuoco con “Cane Di Paglia”, un trattato sulla violenza capace di esaltare in maniera esemplare la poetica del regista americano. Una pietra miliare.

5

(Paolo Chemnitz)

cane d paglia

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