di Corrado Farina (Italia, 1971)
Lo scorso anno è scomparso Corrado Farina, regista, sceneggiatore e infine scrittore, una scelta praticamente forzata visto che sul finire degli anni ottanta non c’era più posto in Italia per un certo modo di fare cinema. Un personaggio eclettico (importante il suo lavoro in ambito pubblicitario e documentaristico) che ricordiamo per due pellicole molto particolari: “Hanno Cambiato Faccia” e il successivo fumettistico “Baba Yaga” (1973).
Alberto Valle è impiegato in una grande azienda automobilistica, la Auto Avio Motor. Con un incipit fantozziano, l’uomo viene convocato ai piani alti del grattacielo dove lavora, per incontrare il presidente della società, il quale a sua volta gli comunica l’invito nella dimora del proprietario dell’azienda, tale Giovanni Nosferatu (interpretato da Adolfo Celi). La Val di Susa e la provincia torinese (Chieri) si trasformano nella nebbiosa Transilvania, un luogo dove gli abitanti non danno confidenza agli stranieri eccetto la giovane Laura, una ragazza dai costumi sessuali molto liberi che aiuta un protagonista ormai completamente disorientato. Una volta raggiunta la meta, Alberto si ritrova immerso in un mondo surreale, tecnologico, dove a ogni azione segue un messaggio pubblicitario. L’uomo scopre che quel posto è anche un nido di infanzia per i giovani figli dei dipendenti, i quali lì vengono schedati fin dalla nascita. Tra gli altri personaggi che incontriamo, c’è Corinna (la segretaria di Nosferatu) e il proprietario stesso dell’azienda (nato nel 1801!), il quale offre ad Alberto la possibilità di diventare nuovo presidente della compagnia.
Sono i vampiri ad aver cambiato faccia: una volta succhiavano il sangue, oggi invece sono ricchi ingegneri che traggono la linfa vitale dalle proprie vittime attraverso l’arma del consumismo, del lavoro, della religione, dell’intrattenimento e della pubblicità. Farina è tremendamente didascalico e ci sbatte in faccia questa metafora in maniera anche troppo palese, ma il film ha un fascino unico che rapisce lo sguardo fin dalle prime battute. Indimenticabili sono le due Fiat 500 che girano come cani da guardia nel giardino di Nosferatu, la riunione della casta, lo score musicale, le asettiche scenografie e tutte quelle immagini che implicano una critica intelligente alla società contemporanea (dopotutto il regista la conosceva bene, proprio per aver scritto e diretto oltre cinquecento caroselli pubblicitari durante gli anni sessanta).
Oltre a rappresentare una satira declinata all’horror e alla fantasociologia, l’opera incarna anche i postumi del sessantotto, una rivoluzione culturale incapace di mutare le leggi dominanti della politica e del mercato. Perché le parole di Laura, incontrata da Alberto alla fine del film, lasciano un senso di profonda amarezza: “Sono stata assunta come segretaria di una grande azienda. Pensa, finalmente una vita tranquilla, serena, forse un marito, dei figli, la sicurezza”. La libertà si paga a caro prezzo, in effetti le persone che provano a uscire dai binari della quotidianità spesso vengono corrotte moralmente e manipolate fino a rientrare in quel recinto controllato e monitorato, per sempre.
“Hanno Cambiato Faccia” è un prodotto incredibilmente originale che poggia su un mood alquanto straniante, scivolando via lungo un leitmotiv allegorico incentrato sul potere che poche volte ha trovato il suo corrispettivo in altre pellicole (nello stesso anno, un attacco simile viene condotto con maggiori ambizioni da Silvano Agosti nel suo “N.P. Il Segreto”). La tecnologia come strumento di terrore e di controllo attraverso nuove forme di coesione sociale: è solo il 1971, eppure Corrado Farina fa sua la lezione del filosofo tedesco Herbert Marcuse, citato proprio nell’epilogo. Una profezia che avvalora ancora di più l’aspetto concettuale di questo piccolo grande film, anomalo e inconsueto ma proprio per questo assolutamente inquietante.
(Paolo Chemnitz)
Molto interessante, recupero
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