di Darren Aronofsky (Stati Uniti, 2017)
Quando i giornalisti fischiano un film al Festival di Venezia, siamo sicuri che è qualcosa che fa per noi. Era accaduto lo scorso anno con il sadico “Brimstone” (massacrato frettolosamente dai moralisti di turno), un destino questa volta toccato al nuovo atteso lungometraggio di Darren Aronofsky. Un regista capace di smarcarsi dalle etichette che in molti amano appiccicare: “Pi Greco – Il Teorema Del Delirio” (1998) è stato solo il primo passo di una lunga serie di successi, lavori amati da un pubblico sempre più ampio ma non per questo necessariamente universale (ricordiamo “Requiem For A Dream”, “The Wrestler”, “Il Cigno Nero” e il recente, meno apprezzato “Noah”).
Con “Madre!” il regista spiazza tutti e torna con un film inclassificabile, per nostra fortuna. Horror? Thriller? Drama? Mystery? Gli ingredienti sono tanti ma ognuno di essi ha bisogno del successivo per potersi vivificare in un piatto prelibato di tale caratura. È come se Aronofsky dal teorema del delirio fosse saltato a un delirio che diventa teorema, un caos che con il trascorrere dei minuti prende forma e significato, ricomponendosi come il cristallo che Javier Bardem conserva con cura nel suo studio, simbolo di ordine e prima pietra per la costruzione del focolare domestico.
Jennifer Lawrence è la giovane e devota moglie di questo scrittore in crisi di ispirazione: la loro casa è tutto, è il collante che mantiene vivo un rapporto controverso, forse finito (da parte dell’uomo), comunque capace di testare un sentimento che ancora offre una speranza. Ma alla porta bussa un ospite (in)desiderato, poi un altro e altri ancora. Il caos ha inizio e torna in mente un altro teorema, quello pasoliniano, il fulmine a ciel sereno che stravolge la normalità di una famiglia capovolgendone regole e tranquillità. Ma Aronofsky si spinge oltre, perché cattura il cinema della paranoia di Polanski e ce lo vomita in faccia senza fare complimenti, incollando la telecamera sul volto angelico e innocente della protagonista, una donna straziata dagli eventi, dai comportamenti ambigui del marito e costretta suo malgrado a una discesa nell’abisso, un inferno di sangue, acqua, fuoco e morte.
Il ritmo incalzante del film non conosce pause, soprattutto nella prima parte, dove il regista si dimostra eccelso nel saper ricamare questa spirale psicologica che piomba sempre più giù, in quel buco sul pavimento che si apre a nuovi mondi apocalittici. Lo spettatore impreparato affonda, quello navigato gode, soprattutto nel finale risolutivo, devastante, estremo.
Le metafore bibliche sono ben visibili: la rana, che troviamo tra le sette piaghe d’Egitto, incarna la premonizione nefasta di un’invasione distruttrice, ma è anche simbolo di trasformazione. L’elemento religioso è onnipresente nel film, c’è il Cristo, i suoi discepoli, la Madonna (madre natura), il bambinello, addirittura i doni! Ecco perché “Mother!” è un film blasfemo, scomodo, inopportuno per molta critica politically correct, è una stoccata surreale alla sacralità della vita familiare, a quell’amore cristiano che in realtà prevede solo vittime e carnefici. In un pianeta Terra ferito e distrutto.
Darren Aronofsky non accetta compromessi e come Mosè divide in due le acque, sta a voi decidere da che parte stare. Tra i migliori film dell’anno oppure cagata pazzesca? Noi abbiamo scelto in base alle emozioni, al trasporto concettuale (qualcuno ha tirato in ballo persino la tematica dell’immigrazione), alla potenza incendiaria del cast (quanto ci piace la perfida Michelle Pfeiffer!) e a quell’epilogo violento, pirotecnico e ingegnoso. Il caos diventa legge, prima che venga ristabilito l’ordine naturale delle cose. L’apocalisse è un lieto fine, dopotutto.
(Paolo Chemnitz)