di Kevin Connor (Stati Uniti, 1980)
Tra le mille suddivisioni del cinema exploitation, esiste anche la corrente chiamata hixploitation, ovvero quei film (spesso ambientati negli stati americani del sud o sui monti Appalachi) con protagonisti dei rozzi e violenti contadini. Un filone che tra gli anni sessanta e gli anni settanta ci ha regalato molte perle indimenticabili, da “2000 Maniacs!” (1964) a “Un Tranquillo Weekend Di Paura” (1972), oltre a una miriade di titoli underground alcuni dei quali ancora oggi sconosciuti o sottovalutati (“Scum Of The Earth” del 1974 o il delirante “Heartbreak Motel” del 1975).
“Motel Hell” si accoda a tante altre cose viste in passato, ma introduce molti elementi da black comedy tipici del nuovo decennio: è il 1980 e rifare per l’ennesima volta “Non Aprite Quella Porta” (1974) non avrebbe avuto senso, così il regista inglese Kevin Connor si cimenta in un horror grottesco alquanto originale, anticipando addirittura quel mood più leggero e parodistico che pochi anni dopo ritroveremo in “Non Aprite Quella Porta – Parte 2” (1986), sempre di Tobe Hooper.
Vincent Smith è un bifolco che, con la complicità della sorella, rapisce ignari viaggiatori per poi seppellirli (vivi) nel suo orto, recidendo loro le corde vocali e lasciando la testa fuori dalla terra, in modo tale da poterli coltivare come delle piante! Tutto ciò per preparare dei deliziosi prodotti a base di carne umana. Le vicende avvengono in questo motel che in realtà si chiama Hello, ma ha un’insegna a neon con l’ultima lettera praticamente fulminata.
Il film poggia su alcune scene piuttosto divertenti (tutte quelle nel giardino ma anche il duello conclusivo a colpi di motosega), purtroppo però il ritmo non è mai sostenuto e a lungo andare la ciclicità degli eventi lascia spazio a qualche sbadiglio, anche perché la regia è scialba e la sceneggiatura mostra più di una falla. Il gore affiora maggiormente solo tra le immagini conclusive, un peccato perché sembra che il regista abbia lavorato con il freno a mano tirato, soprattutto quando c’era da mostrare la vera natura horror di questa storia così scellerata. “Motel Hell” è un lavoro bizzarro, altalenante e quindi non sempre all’altezza della situazione, ma nel genere rappresenta un simpatico diversivo ancora troppo poco conosciuto (almeno nel nostro paese). Un ortolano così creativo non si era mai visto, in effetti.
(Paolo Chemnitz)