La Montagna Del Dio Cannibale

LA_MONTAGNA_DEL_DIO_CANNIBALE_di Sergio Martino (Italia, 1978)

Quando ormai siamo in pieno fermento da cannibal movie, Sergio Martino realizza una pellicola molto più votata all’avventura rispetto alle peculiarità mostrate dai suoi colleghi Lenzi (“Cannibal Ferox”) e Deodato (“Cannibal Holocaust”), registi che per giunta nel 1978 non avevano ancora pianificato questi due lungometraggi. Umberto Lenzi era stato però il creatore inconsapevole del prototipo “Il Paese Del Sesso Selvaggio” (1972), seguito proprio da Ruggero Deodato (“Ultimo Mondo Cannibale” è del 1977), ma il lavoro di Sergio Martino, pur rientrando a pieno titolo nell’agguerrita schiera dei cannibal nostrani, è legato a doppio filo con una serie di opere che il regista gira tra il 1978 e il 1979, tutte con protagonista Claudio Cassinelli. Un mix di mistero, esotismo ed esplorazioni: “La Montagna Del Dio Cannibale” apre così un’ipotetica trilogia che include anche “L’Isola Degli Uomini Pesce” e “Il Fiume Del Grande Caimano”, entrambi del 1979. Lo stesso Martino ha ammesso più volte di essersi ispirato per questo film a un grande classico della cinematografia avventurosa, “The Snows Of Kilimanjaro” (1952) di Henry King.
La regina indiscussa è la Bond girl Ursula Andress (qui nuda e cruda), il vero motore di una pellicola altrimenti poco propensa a raccontarci una storia di quelle da tramandare ai posteri: in realtà “La Montagna Del Dio Cannibale” è un film molto semplice, un viaggio in Nuova Guinea che la donna intraprende insieme al fratello per ritrovare il marito scomparso. L’impervia foresta nasconde più di una insidia, soprattutto quando il gruppo di esploratori (tra cui Manolo, ovvero Cassinelli) si ritrova a fronteggiare una tribù di indigeni, in quelle caverne in cima al monte che celano una miniera di uranio.
Sergio Martino fa di necessità virtù, gira tra Malesia e Sri Lanka ottenendo il massimo risultato con il massimo sforzo, perché tra quelle rapide e in quella giungla impenetrabile gli aneddoti da raccontare sono parecchi. La violenza estrema non manca: prima vediamo una scimmietta finire tra le fauci di un serpente affamato (il regista trasferisce la lezione controversa dei mondo movie in queste immagini), poi è il turno degli esseri umani, con stranezze ed efferatezze di ogni tipo. Nani cannibali, un tentato stupro e l’evirazione del colpevole, poi un cadavere crocifisso, un maiale sodomizzato, carne umana come pane quotidiano e la Dea Ursula con le tette al vento a fare da orgogliosa portabandiera di questa interessante avventura exploitation.
Con una trama che lentamente passa in secondo piano, “La Montagna Del Dio Cannibale” ha tanti altri aspetti per essere comunque ricordato, pur non essendo uno dei film più rappresentativi del filone. Per i cultori del cinema bis italiano, è una visione praticamente obbligatoria.

3

(Paolo Chemnitz)

la montagna del dio cannibale

 

 

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