di Trey Edward Shults (Stati Uniti, 2017)
La trama di “It Comes At Night” ricorda in parte quella del recente “The Survivalist” (2015), un thriller apocalittico incentrato su un uomo rimasto isolato all’interno di una baracca, con il mondo circostante ormai al collasso. Se nel film di Stephen Fingleton la calma apparente veniva spezzata dall’arrivo di due donne, in questa pellicola il regista Trey Edward Shults mette a confronto due famiglie, la prima rinchiusa in una casa di fortuna nella foresta e la seconda accolta successivamente nella dimora (dopo una giustificata iniziale diffidenza). Non sappiamo cosa stia accadendo là fuori, ma l’incipit è chiaro: Paul (interpretato dal sempre valido Joel Edgerton) si inoltra nel bosco, sta trasportando un corpo malato ricoperto di pustole per poi finirlo con un colpo di pistola e seppellirlo. La maschera antigas lo protegge da un’infezione che sembra propagarsi tra le persone, così una volta terminato il compito egli si barrica nuovamente nella sua abitazione con la moglie e il figlio. Quando Will (Christopher Abbott) bussa alla porta, l’idea di forze fresche per allargare quel nucleo di sopravvissuti e difendere al meglio quel rifugio si rivela una buona intuizione, almeno in partenza. Il vero pericolo infatti si nasconde tra quelle mura.
“It Comes At Night” è un’opera che ruota con insistenza attorno all’elemento mystery: non conosciamo le cause del virus, né tantomeno la telecamera si inoltra più di tanto al di fuori di quello spazio circoscritto. Non resta quindi che rintanarsi dentro la casa per assistere alle dinamiche psicologiche che mettono in crisi le due famiglie, assaporando solo per qualche istante una tematica di assedio che in realtà esiste solo nella nostra testa: oltre quella porta blindata succede veramente poco.
Paul è protettivo, sospettoso ma anche generoso, Will invece è ambiguo ma non mostra alcun segno di squilibrio (così come la sua compagna e il loro piccolo pargolo). Ma il personaggio più interessante del lotto risulta essere Travis (il figlio di Paul), ossessionato da incubi e paranoie legate alla diffusione della malattia, un elemento perturbante che il regista non sfrutta a pieno come avrebbe potuto. Il film procede con lentezza, prerogativa che non è necessariamente un male, considerando che “It Comes At Night” verte soprattutto sulle attese e sulla costruzione di un climax che però nel momento cruciale si disperde in maniera frettolosa e deludente, complice un finale funestato da una serie di accadimenti meno entusiasmanti rispetto alle premesse.
Dopo il sorprendente dramma familiare “Krisha” (2015), da Trey Edward Shults era lecito attendersi qualcosa di più, anche a livello di regia (che non offre grandi spunti, al contrario di una fotografia plumbea e claustrofobica). “It Comes At Night” si assesta così in quel grande calderone di pellicole abbastanza convincenti ma che non riescono a graffiare oltre il dovuto. In questo caso è proprio la deriva mystery a generare poca tensione, insieme a una psicologia dei personaggi mai realmente risolutiva. Le aspettative erano alte, peccato che “It Comes At Night” le abbia onorate fino a un certo punto.
(Paolo Chemnitz)