di Jack Hill (Stati Uniti, 1975)
Il nome di Jack Hill è indissolubilmente legato al cinema exploitation, di cui è stato uno dei migliori rappresentanti. Se il delirio in b/n di “Spider Baby” (1967) ha lanciato il suo nome nei circuiti underground, le sue pellicole realizzate durante gli anni settanta lo hanno consacrato come uno dei Maestri del genere: pensiamo ai celebri women in prison “The Big Doll House” (aka “Sesso In Gabbia”, 1971) e “The Big Bird Cage” (1972), prima della svolta blaxploitation tanto amata da Quentin Tarantino (opere come “Coffy” e “Foxy Brown” portarono all’apice del successo la sua eroina black Pam Grier).
Atterriamo così nel 1975, anno di uscita di “Switchblade Sisters” (“Rabbiosamente Femmine” è il terribile titolo italiano), un film che rimescola con audacia tutte le tematiche principali del suo cinema (ma che si rivela un flop al botteghino, salvo una rivalutazione postuma che lo ha eletto a cult movie). Dopo quell’esperienza, il regista si dedica principalmente alla sceneggiatura, tornando dietro la cinepresa solo nel 1982 (“La Spada e La Magia”), un fuoco di paglia prima del definitivo ritiro dalle scene.
Girato in meno di tre settimane con un budget di 250.000 dollari, “Switchblade Sisters” (inizialmente esce come “The Jezebels”) è una pellicola incentrata su una gang al femminile, le Dagger Debs, capitanate dalla spigliata Lace, a sua volta fidanzata con Dom, il capo dei Silver Daggers. Quando nel gruppo fa il suo ingresso una ragazza non ancora affiliata (Maggie), cominciano a scatenarsi faide, gelosie e rivolte intestine tra i vari membri, fino all’inevitabile e violento epilogo.
Jack Hill mette insieme tante suggestioni a noi care: azione, coltelli, catfight, un po’ di sesso (non troppo stavolta) e poi ancora blaxploitation (la gang afro maoista!) e women in prison (le sequenze nel carcere), un minestrone divertente tutto giocato sul ritmo e sul carisma delle protagoniste (il cazzuto incipit all’interno dell’ascensore non si dimentica facilmente).
La colonna sonora è notevole, lo spirito grindhouse è palpabile, con gli uomini autentici e inutili spettatori e le giovani ragazze una spanna sopra tutto, inclusa la loro recitazione forzata ma funzionale al tipo di linguaggio adottato da Hill. Logico che Tarantino sia andato in estasi davanti a un titolo del genere, questo è cinema proto-pulp ai massimi livelli in un contesto di anarchia totale (che lo script sia relegato in secondo piano poco importa). “Switchblade Sisters” è un drive-in movie da non prendere troppo sul serio, però funziona eccome. Dopo “Coffy”, il miglior Hill degli anni settanta.
(Paolo Chemnitz)