Fender Bender

fender benderdi Mark Pavia (Stati Uniti, 2016)

L’ultimo film diretto da Mark Pavia risaliva al 1997 (“The Night Flier”, riuscita trasposizione di un racconto di Stephen King). Ora non sappiamo di preciso cosa abbia combinato questo regista originario dell’Illinois durante gli ultimi anni, ma un segnale di vita è arrivato e si chiama “Fender Bender”, come il termine usato in America per indicare un banale tamponamento tra due automobili.
Se il discreto incipit viene utilizzato per introdurre la figura del killer mascherato (niente male il suo aspetto), la storia inizia immediatamente dopo, quando facciamo conoscenza della ragazza protagonista del film, ovvero Hilary (Makenzie Vega), reduce da una giornata da dimenticare. Soprattutto quando la giovane (per giunta fresca di patente) viene tamponata a uno stop da una macchina nera guidata da uno strano individuo, il quale scambia con l’ingenua e timida Hilary le sue generalità. E’ proprio questo il modus operandi dell’assassino: prendere di mira prede vulnerabili per poi presentarsi nelle loro abitazioni e ammazzarle senza pietà. Un trucchetto piuttosto fantasioso che Mark Pavia trasforma in novanta minuti diretti in maniera interessante, lasciando muovere la mdp con avvolgente lentezza e ricercando continuamente la profondità degli spazi (sia interni che esterni), lontano quindi da soluzioni videoclippare con mirabolanti e frenetiche inquadrature.
“Fender Bender” parte bene, si siede nella parte centrale per poi risollevarsi nell’ultima mezz’ora, quando lo psicopatico si presenta a casa della ragazza, mietendo vittime tra i suoi amici (il body count è contenuto ma gli omicidi sono realizzati con cura), prima dell’inevitabile scontro decisivo tra il maniaco e la final girl di turno, Hilary ovviamente (non è uno spoiler, è la prassi del genere).
Nonostante l’andamento da classico slasher movie, “Fender Bender” contempla anche suggestioni da home invasion (l’intrusione all’interno delle abitazioni) ed è supportato da una valida colonna sonora di marca 80s, sfumature intriganti che ritornano anche in alcune scene, dove il regista sembra voler attingere a piene mani da John Carpenter (Hilary braccata di notte dall’automobile con i fanali accesi è un chiaro omaggio a “Christine – La Macchina Infernale”, stavolta nera e con qualcuno al volante).
Proporre qualcosa di originale nel 2017 è alquanto difficile, soprattutto in un genere spremuto già a dovere durante la sua epoca d’oro: Mark Pavia prende infatti la scorciatoia senza rischiare più di tanto, però almeno si dimostra capace di gestire un film che in mano a qualcun altro si sarebbe presto accartocciato su se stesso, complice anche un livello recitativo appena sufficiente. Ma le atmosfere (una sonnolenta cittadina del New Mexico), la fotografia e le apparizioni del killer riescono ad apportare linfa vitale a un prodotto altrimenti superfluo. “Fender Bender” si lascia guardare con piacere e di questi tempi, in ambito slasher, è già qualcosa.

3

(Paolo Chemnitz)

fender

 

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