di Maciej Pieprzyca (Polonia, 2016)
Negli ultimi anni sono aumentate a dismisura le opere vintage dedicate a qualche torbida vicenda realmente accaduta nel passato e legata a uno spietato assassino: Maciej Pieprzyca qui però si è focalizzato sulle indagini e non sul killer, al contrario di altri suoi colleghi che recentemente hanno trattato argomenti simili. Viene in mente il valido “La Prochaine Fois Je Viserai Le Coeur” (2014) di Cédric Anger o il tanto atteso “I, Olga Hepnarová” (2016) di Petr Kazda e Tomás Weinreb, tutte opere ambientate durante gli anni settanta (quest’ultima, di carattere biografico, condivide con “I’m A Killer” lo scenario comunista, anche se si svolge nella ex Cecoslovacchia).
In effetti ogni luogo ha il suo psicopatico da consegnare ai posteri. La regione della Slesia, il motore industriale della Polonia, ha conosciuto anni di terrore tra il 1964 e il 1970, quando furono rinvenuti i cadaveri massacrati di quattordici donne. Il maniaco omicida fu arrestato solo nel 1972 e in seguito condannato a morte nel 1976: si trattava di Zdzisław Marchwicki, per le cronache il Vampiro di Zagłębie.
Pieprzyca, già regista del fortunato “Io Sono Mateusz” (2013), aveva affrontato questi fatti con un documentario per la tv nel 1998. Questa volta invece si affida a una pellicola di ampio respiro, ambientata proprio all’inizio degli anni settanta e girata nella sua Katowice. “I’m A Killer” (“Jestem Mordercą”) è un film curato sia nelle atmosfere di taglio vintage (il paesaggio della Polonia comunista è grigio e opprimente) che nella sceneggiatura, legata quasi esclusivamente alle indagini portate avanti dal tenente Janusz Jasinski (un bravo Miroslaw Haniszewski), un uomo costretto suo malgrado a lavorare sotto pressione, perché il partito vuole chiudere la faccenda prima possibile.
Il film è un thriller investigativo strutturato con molta attenzione per l’evoluzione psicologica dell’ambizioso protagonista, il quale non riesce a compiere la sua missione senza l’influenza costante dei poteri forti. La pellicola è quindi inscindibile dal suo contesto storico, perché affronta tematiche scomode come la manipolazione e la menzogna, argomenti calati all’interno degli eventi e mai lasciati al caso. Quello di Janusz è un personaggio trascinante che offusca il resto del cast, un po’ come avviene in alcune serie tv dove le vicende ruotano attorno a una figura carismatica: “I’m A Killer” potrebbe benissimo funzionare come fiction e forse proprio questo impianto televisivo ne limita la sua potenza cinematografica. Ma il film convince e appassiona, consegnandoci due ore di buon intrattenimento. Da vedere, ma solo se siete appassionati a una fedele ricostruzione socio-politica di una Polonia terrorizzata da un feroce serial killer.
(Paolo Chemnitz)