Shot Caller

la fratellanzadi Ric Roman Waugh (Stati Uniti, 2017)

“La Fratellanza” è il titolo con il quale vedremo al cinema questo “Shot Caller” (previsto per settembre). Un film diretto da Ric Roman Waugh (“Snitch – L’Infiltrato”) e interpretato da Nikolaj Coster-Waldau, attore danese che molti di voi conoscono per il personaggio di Jaime Lannister in “Game Of Thrones”. Qui invece veste i panni di Jacob, un uomo di mezza età con una vita apparentemente normale: una moglie, un figlio, un lavoro appagante e gli amici. Ma la disgrazia è dietro l’angolo, perché il protagonista, mentre è alla guida della sua auto, causa un terribile incidente in cui muore un suo caro amico. Condannato per omicidio colposo, egli finisce in carcere, dove per sopravvivere è costretto a scendere a patti con una gang di neonazisti (che in cambio gli offrono protezione). Questa fratellanza ariana lo trasforma drasticamente, anche nell’aspetto fisico: Jacob si fa crescere baffi e capelli, si tatua il corpo e diventa automaticamente una pedina importante nelle gerarchie di gruppo, con un nickname affibbiatogli per l’occasione, Money. Una volta rilasciato per buona condotta, l’uomo si ritrova da solo ma con una missione da portare a termine (commissionata dai suoi protettori), ovvero compiere un pericoloso crimine contro una banda rivale nel sud della California.
“Shot Caller” è un film che si muove su due rette parallele: la storia di Jacob è infatti raccontata sia nel presente (l’uscita dal carcere e le conseguenze drammatiche) che nel passato (l’incidente in auto, i primi giorni in cella, il suo mutamento psicofisico), un continuo salto temporale strutturato dal regista con efficaci flashback, capaci di mantenere sempre vivo il ritmo della narrazione senza mai farci perdere la bussola, nonostante l’alto minutaggio che tocca le due ore. Il passaggio da Jacob a Money è credibile e mai forzato, grazie anche alla bravura di Nikolaj Coster-Waldau, sobrio protagonista con il quale però non si riesce a stabilire una completa empatia, pure nelle sue tribolate vicende familiari.
L’opera scivola via alternando le due direzioni di cui sopra, entrambe compatibili e complementari tra loro: “Shot Caller” è un prison movie con le sue regole ferree e immutabili, violento quanto basta ma lontano da quella crudezza vista in opere recenti ambientate dietro le sbarre (pensiamo a due film molto validi come il danese “R: Hit First, Hit Hardest” o il britannico “Starred Up”). Una pellicola che poi si trasforma in action/crime quando il protagonista è a piede libero, un rovescio della medaglia meno interessante che strizza l’occhio anche alle atmosfere di “Sons Of Anarchy” (traffico illecito di armi e scontri tra gang in California, qui però senza motociclette).
Ric Roman Waugh dirige senza grandi contraccolpi e lascia in superficie un linguaggio cinematografico facile da decifrare, dopotutto “Shot Caller” è un film di ampio respiro che affonda gli artigli fino a un certo punto, consegnandoci un epilogo in cui trovano spazio anche i sentimenti. Si tratta di una pellicola gradevole, nel complesso più che sufficiente, ma è un lavoro di quelli che a fine visione si ricorda senza un particolare entusiasmo.

3

(Paolo Chemnitz)

la fratellanzaa

 

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