di Andrea Bianchi (Italia, 1979)
Il cinema demoniaco sviluppatosi sull’onda del successo de “L’Esorcista” (1973) ci ha regalato davvero tante perle. Senza scomodare titoli gloriosi e importanti (“The Omen”) o rivisitazioni curate e originali (“Chi Sei?”, “L’Anticristo”), scendiamo giù nei meandri del nostro underground per parlare di un’opera che non si può certo dimenticare, “Malabimba” di Andrea Bianchi, il classico film brutto da amare incondizionatamente (un po’ come il suo successivo “Le Notti Del Terrore” del 1981, praticamente un capolavoro trash).
Bimba è una ragazzina adolescente (in realtà l’attrice meteora Katell Laennec era appena maggiorenne) rimasta posseduta dallo spirito di Lucrezia, una donna rievocata durante una seduta spiritica. La giovane vive in un castello con la sua famiglia allargata, un gruppo di ipocriti nobili dediti al vizio e al tradimento, tra cui spicca la figura di Nais (che si concede un po’ a tutti) e di suo marito Adolfo, un paralitico in stato vegetativo. Quando Bimba subisce l’influsso malefico di Lucrezia, il suo comportamento muta: da un lato comincia a insultare i suoi parenti sottolineando con infamie la loro depravazione, dall’altro tenta di adescare sessualmente la suora che si prende cura di Adolfo.
“Malabimba” è un film volgare, nel quale i dialoghi politicamente scorretti si trasformano ben presto nel migliore assist per il trash involontario (mignotta di qua, mignotta di là… e si ride di gusto!). L’idea di un horror demoniaco resta quasi sullo sfondo, facendo spazio a una forte componente erotica (che nella versione uncut di novantotto minuti, con l’utilizzo di controfigure, diventa pornografica). Andrea Bianchi (qui Andrew White) lascia quindi correre gli eventi all’interno di una sceneggiatura più o meno abbozzata, mostrandoci spesso le grazie della prosperosa Nais (Patrizia Webley) e regalandoci alcune scene da guilty pleasure totale, come quella epica del pompino al paralitico (è bloccato a letto ma almeno una cosa gli funziona bene!).
Da un regista come Andrea Bianchi non potevamo certo attenderci grandi cose, ma “Malabimba” almeno ha i suoi motivi per essere ricordato, al contrario di altre pellicole del filone demoniaco-bis che con il trascorrere del tempo sono finite sommerse dalla polvere (è il caso de “L’Ossessa” di Mario Gariazzo, che paga il fatto di volersi prendere troppo sul serio). Nonostante le ridicolaggini di cui sopra, questo film di Bianchi si rivela un imperdibile trashone intriso di sesso e turpiloqui, nel quale il comportamento deviato di Bimba viene giustificato dal fatto che si tratta di innocui pruriti adolescenziali (ovvio, no?). Impossibile non cedere all’umorismo travolgente delle varie situazioni che coinvolgono i protagonisti: nulla è voluto, eppure “Malabimba” riesce a compiere il suo miracolo. Tra possessioni, ninfomani a caccia di scopate e un finale addirittura tragico.
(Paolo Chemnitz)