di Robin Pront (Belgio, 2015)
“D’Ardennen” arriva a fine giugno in Italia, meglio tardi che mai. Con un titolo ovviamente più ruffiano e fuorviante, ovvero “Le Ardenne – Oltre I Confini Dell’Amore”, perché sappiamo bene che quella parolina magica riesce sempre ad attirare il pubblico. Così come cattura l’attenzione quel paragone decisamente esagerato con il cinema di Quentin Tarantino, con “Trainspotting” e con “Fargo” (ormai sembra che ogni pellicola ambientata sulla neve sia debitrice del film dei fratelli Coen. Anche no). Il debutto alla regia di Robin Pront ha invece una sua precisa identità che si rispecchia nel cinema belga-fiammingo contemporaneo, capace di regalarci torbidi thriller di rara intensità (“The Treatment”) nonché opere drammatiche a tinte forti (il doloroso e ancora oggi sottovalutato “Bullhead”).
“D’Ardennen” è la storia di due moderni Caino e Abele, Dave e Kenneth, fratelli con un destino differente: in seguito a una rapina andata male, il primo riesce a fuggire mentre il secondo resta indietro e viene arrestato, finendo in carcere per quattro anni e perdendo anche la fidanzata Sylvie che presto si stufa di lui. Una volta tornato libero (la storia inizia qui fin dai primissimi minuti), Kenneth prova in tutti i modi a riconquistare la sua ex, ma la componente melodrammatica è praticamente inesistente davanti al crescendo ossessivo che mette in contrasto i due uomini, un cambio di marcia decisivo che ci conduce tra le alte colline innevate delle Ardenne, dove fanno la comparsa nuovi personaggi: il bifolco Stef (l’attore Jan Bijvoet già visto in “Borgman”) e il suo braccio destro sessualmente ambiguo.
Proprio il finale rappresenta l’unico aspetto meno convincente del film, una chiusura del cerchio feroce ma facilmente intuibile che si sgonfia con le battute conclusive, tragiche ma allo stesso tempo eccessivamente ipotizzabili (all’interno di un plot intenso e avvincente, almeno fino a quel momento). Nulla di compromettente però, “D’Ardennen” è un’opera nella quale vittime e carnefici si confondono e dove non si riesce a provare pietà per nessuno. Tutti hanno una colpa e alla fine ognuno è costretto a pagare per la propria misera esistenza (Caino può diventare Abele e viceversa). Menzione a parte per la valida colonna sonora, un tuffo nella musica trance di fine anni novanta, così come convincono sia gli attori (le facce giuste) che la regia.
Robin Pront ci piace, è pessimista e ha uno stile cupo che rasenta il plumbeo: “Le Ardenne – Oltre i Confini Dell’Amore” (l’odio, in poche parole) è un film che consigliamo vivamente sia agli amanti del thriller che ai cultori del cinema drammatico più grezzo e amaro. Ennesima conferma per il Belgio, punto di riferimento ormai costante nel grande calderone del cinema europeo.
(Paolo Chemnitz)