Vampyros Lesbos

vampyros lesbosdi Jesús Franco (Germania Ovest/Spagna, 1971)

“Vampyros Lesbos” rappresenta l’apice del connubio artistico tra Jess Franco e la giovane Soledad Miranda, scomparsa pochi mesi dopo le riprese del film durante un incidente automobilistico all’età di soli ventisette anni. Eppure sono bastati una manciata di titoli per far sì che l’attrice spagnola diventasse un’icona del cinema sexploitation europeo, pensiamo anche a “De Sade 2000, un’altra opera tra le più celebrate del sodalizio Franco/Miranda.
“Vampyros Lesbos” è una pellicola ammaliante, girata tra Berlino, Alicante e Istanbul, ispirata a livello concettuale al Dracula di Bram Stoker ma qui inserita in un contesto psicanalitico, onirico ed erotico (lo slogan di lancio A Psycho-Sexadelic Horror Freakout non lascia dubbi al riguardo).
Linda (Ewa Strömberg) è una donna che sogna regolarmente una ragazza bruna (Soledad Miranda). Lo racconta al suo psicanalista, ma quando è costretta per motivi di lavoro a recarsi su un’isoletta per incontrare la Contessa Nadine Carody, scopre con sorpresa che si tratta proprio della giovane che le appare nelle sue visioni oniriche. Dopo essere stata narcotizzata, Linda viene vampirizzata da Nadine che grazie ai suoi poteri la tiene sotto scacco. Ma in “Vampyros Lesbos” il plot conta poco e a lungo andare mostra anche una certa lentezza e ridondanza: Jess Franco punta tutto sulle atmosfere, sulle magnifiche scenografie (dal gusto pop-psichedelico), sui costumi, sulle affascinanti location (Istanbul non si dimentica) e sulla colonna sonora, in questo caso un sinuoso quanto intrigante score psych-lounge. Un insieme di sfumature che si compattano attorno alla figura di Soledad Miranda, qui nelle vesti di una sensuale ancella che si agita all’interno di un quadro dai colori caldi e soffusi, tra nudi integrali, abiti succinti e quell’ardore saffico che ammanta alcune sequenze a dir poco magnetiche.
Lo Tío Jess stravolge quel vampirismo di taglio gotico immerso tra nebbia e castelli, un ribaltamento efficace che tramuta ogni aspetto tenebroso in luminoso (conosciamo Nadine mentre è sdraiata in costume sotto al sole!). La regia fa il resto, anarchica quanto basta per utilizzare lo zoom oltremisura e per fagocitare la già esile sceneggiatura attraverso un montaggio strampalato ma curioso, un trip che si riversa direttamente sui nostri occhi, persi tra surreali danze erotiche e suggestioni da fumettone lesbico. Se cercate una storia profonda e coinvolgente, è meglio stare alla larga da “Vampyros Lesbos”. Se invece volete avvicinarvi al mondo perverso di Jess Franco, questo film è praticamente basilare.

3

(Paolo Chemnitz)

vampyroslesbos

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