di Armando Crispino (Italia, 1975)
Armando Crispino è stato un regista biellese nato nel 1924 e scomparso nel 2003 a Roma. Ha diretto una manciata di titoli tra gli anni sessanta e gli anni settanta, spaziando tra vari generi. Noi lo ricordiamo ovviamente per due film in particolare, “L’Etrusco Uccide Ancora” (1972) e “Macchie Solari” (1975), conosciuto all’estero come “Autopsy”. Se il primo è un giallo originale ma comunque in linea con alcuni prodotti del periodo, il secondo è un film nel quale esplode un certo talento visionario, riconoscibile soprattutto in un incipit tra i più belli del cinema bis italiano di quel decennio.
Ci troviamo a Roma, durante un’estate afosa: il montaggio alternato tra le attività solari e una serie di individui che si tolgono la vita nei modi più disparati lascia pensare agli influssi nefasti della nostra stella sugli esseri umani. Pochi istanti dopo ci spostiamo dentro un obitorio, dove la protagonista Simona (Mimsy Farmer) vede alcuni cadaveri rianimarsi in una serie di convincenti sequenze di malsano eros necrofilo, una partenza di stampo horror che però non trova ulteriori sbocchi durante lo svolgimento dell’opera. “Macchie Solari” con il trascorrere dei minuti si trasforma infatti in un giallo piuttosto scialbo, tradito da una sceneggiatura eccessivamente confusa che lancia nella mischia troppi elementi (complotti, indizi, omicidi, traumi e parapsicologia).
Armando Crispino immerge le vicende all’interno di una città in preda alla calura di agosto, dove l’aria è immobile e tutto sembra scorrere al rilento, una location azzeccata così come la scelta di Mimsy Farmer, volto ormai rodato nel giallo all’italiana dopo le sue convincenti interpretazioni in “4 Mosche Di Velluto Grigio” (1971) e “Il Profumo Della Signora In Nero” (1974). Non si può dire lo stesso di Barry Primus nelle vesti di un prete un po’ fuori dal comune, mentre Ray Lovelock nei panni di Edgardo se la cava discretamente senza però lasciare ricordi memorabili.
“Macchie Solari” rappresenta la classica occasione mancata, un film a dir poco immenso nelle prime battute ma poi non sempre capace di mantenere alta la nostra attenzione, complice un plot discutibile che si risolve in un finale tutt’altro che eclatante. Eppure l’elemento perturbante del sole è la chiave di volta che dona comunque fascino alla pellicola, annebbiando sia la nostra mente che quella dei protagonisti e lasciando che gli eventi restino contornati da una continua aura di mistero: sotto questo punto di vista, l’opera di Crispino colpisce il bersaglio e forse merita una chance. Ma, al di là delle varie considerazioni, si tratta di un prodotto inusuale da prendere con le molle, originale e per certi versi bizzarro però nel complesso appena sufficiente.
(Paolo Chemnitz)