Benny’s Video

bennysdi Michael Haneke (Austria, 1992)

“Benny’s Video” è il secondo film della trilogia della glaciazione di Michael Haneke, che comprende anche “Il Settimo Continente” (1989) e il successivo “71 Frammenti Di Una Cronologia Del Caso” (1994). Il regista austriaco qui sembra voler anticipare alcune suggestioni che rivedremo nel suo celebre “Funny Games” (1997), di cui per alcuni aspetti “Benny’s Video” ne rappresenta un piccolo prototipo concettuale: prima di tutto l’attore protagonista (Arno Frisch) cinque anni dopo vestirà i panni di uno dei due psicopatici biancovestiti in “Funny Games”, ma soprattutto qui lo vediamo serenamente lucido nella sua follia come se fosse appunto descritto in una prospettiva da futuro serial killer. I conti tornano.
Nel 1992 Internet non esiste ma il giovane Benny è ossessionato dalla TV, dalle telecamere e dalla violenza che osserva di continuo. L’incipit è scioccante: un maiale viene ucciso da una pistola di quelle usate nei mattatoi, un colpo secco alla testa, un’azione che il ragazzo ripete da lì a poco invitando a casa una sua amica, purtroppo ignara del suo atroce destino (una gelida esecuzione fuori campo). La freddezza nel pulire il sangue raccontata attraverso il minimalismo chirurgico di Haneke è a dir poco disturbante, ma come sempre la grande critica del regista è diretta verso la classe borghese, infatti i veri mostri li vediamo poco dopo: si tratta dei genitori di Benny, i quali cercano in tutti i modi di coprire il figlio con discorsi orripilanti su come eliminare il cadavere. L’ipocrisia dei benpensanti viene smascherata con una naturalezza e un cinismo incredibili, ma il regista è capace anche di renderci partecipi di questi eventi, poiché “Benny’s Video” è puro voyeurismo che si proietta su uno schermo all’interno di quelle quattro mura, filmati di morte che vengono rivisti all’infinito, una tragedia che ci lascia allibiti davanti a questo teatro della crudeltà messo in atto da una qualunque famiglia dell’alta borghesia viennese.
L’unico appunto che possiamo fare al film è il dilungarsi oltremisura nelle scene girate in Egitto, ma si tratta di piccole sfumature che intaccano minimamente quello che si può definire un diamante grezzo nella filmografia di Michael Haneke, un lavoro di alto spessore ma ancora incapace di tramutarsi in qualcosa di cinematograficamente immortale. Siamo comunque avanti anni luce rispetto a tante altre cose, soprattutto per via di una tematica tecnologica (morbosità ed emulazione) oggi saccheggiata in lungo e in largo specialmente nelle pellicole horror. “Benny’s Video” resta però con discrezione nel suo angolo oscuro, poiché rinuncia all’autocompiacimento grazie a quella messa in scena che evita qualunque forma di spettacolarizzazione gratuita. Noi guardiamo, mentre Haneke indossa il camice e seziona la realtà nel modo più agghiacciante.

4

(Paolo Chemnitz)

benny's video

 

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