di Eduardo Casanova (Spagna, 2017)
Dietro il debutto di Eduardo Casanova c’è Álex De La Iglesia e già questo è un buon segno. In attesa del suo nuovo lungometraggio intitolato “El Bar” (2017), la Spagna weirda ci regala un vero gioiello di cui sentiremo parlare molto durante il corso dell’anno, “Pieles” (aka “Skins”), un film incentrato su una serie di persone che convivono quotidianamente con un corpo deformato, costrette a lottare contro i pregiudizi e contro la non accettazione della loro diversità. Casanova si era fatto notare già nel 2015 con un corto servito come prototipo per la pellicola (“Eat My Shit”), ma dopo la passerella al recente Festival di Berlino siamo convinti che il regista possa davvero fare l’auspicato salto di qualità nel gotha del cinema iberico e non solo.
I personaggi di “Pieles” sono surreali: c’è una prostituta cieca che riesce a trovare la sua dimensione nel mondo solo se indossa due diamanti al posto degli occhi, c’è una donna con una parte del volto completamente deformata, una ragazza con il buco del culo al posto della bocca (e viceversa) e poi ancora una nana che sogna di diventare mamma, una superobesa infelice e un giovane affetto da Body Integrity Identity Disorder, un disturbo psicologico realmente esistente dove la persona affetta desidera che una parte del proprio corpo (in questo caso le gambe) venga amputata, il ragazzo infatti vuole diventare una sirena e compie degli atti di autolesionismo contro i suoi arti inferiori. Alcuni di questi protagonisti si incrociano, altri no, altri ancora devono affrontare la non comunicazione con la loro famiglia (il giovane masochista), violenze sessuali e bullismo (la tipa con l’ano tra le guance) o prevaricazioni e furti (la prostituta).
Eduardo Casanova immerge queste storie in un contesto patinato e rassicurante, scenografie tinteggiate di rosa, lilla e viola che riportano in mente alcuni quadri pop surrealisti, dopotutto “Pieles” è un film che proprio attraverso il pop percorre la strada del disgusto, come se le atrocità della nostra società avvenissero dentro la casa di Barbie, un luogo in apparenza perfetto e non ostile.
Il regista parla per metafore, un insieme di particolari che vanno colti con molta attenzione: in una scena ad esempio, il ragazzo corre travolgendo una donna, la quale cammina in senso opposto con in mano alcune bandierine della Spagna che cadono per terra. Il ralenti amplifica tale circostanza, il diverso che si dimena in un paese che prosegue imperterrito nella sua direzione, un po’ come l’odiosa mamma che ripudia questo figlio autolesionista a colpi di insulti (da notare un enorme crocifisso sulla parete di casa). La Spagna negli anni ha fatto molte conquiste dal punto di vista sociale, ma Casanova utilizza il grottesco per denunciare una situazione ancora nebulosa che investe le persone più disagiate ed emarginate. Ma usa anche la giusta ironia, perché questi freak riescono a farci sorridere (immaginate quale suono possa emettere la ragazza con il culo al posto della bocca per spegnere le candeline?), un mix devastante e coinvolgente capace di sopperire a un plot ovviamente frammentato.
“Pieles” è un prodotto bizzarro da amare incondizionatamente, un compendio di mostri che nella loro deformità risultano molto più umani di tante altre persone considerate normali. Una verità assoluta raccontata con grande intelligenza e sensibilità. Cultissimo.
(Paolo Chemnitz)