Prevenge

prevengedi Alice Lowe (Gran Bretagna, 2016)

Alice Lowe è un’attrice inglese nata a Coventry esattamente quaranta anni fa. In patria è piuttosto conosciuta, mentre noi abbiamo avuto modo di apprezzarla soprattutto per la sue collaborazioni con il regista Ben Wheatley, dal brutale “Kill List” (2011) a “Sightseers” (2012), quest’ultima ferale commedia nera in cui la Lowe non solo è la folle protagonista, ma è anche co-sceneggiatrice.
“Prevenge” segna il suo debutto alla regia, un film costruito in poche settimane con un budget contenuto ma con un’idea ben precisa: realizzare uno slasher atipico mescolando il tema della gravidanza (pregnancy) con quello della vendetta (revenge), da qui il gioco di parole che dà il titolo all’opera. Ma non è tutto, perché la Lowe è anche la protagonista assoluta nei panni di Ruth, una recitazione con tanto di pancione (vero) al settimo mese abbondante, scelta fondamentale poiché capace di rendere la sua psicologia da futura mamma molto più realistica rispetto a tante altre pellicole con presunte donne incinte.
Ruth è vedova e sta ancora elaborando il lutto per il marito scomparso durante un incidente in montagna. Con il passare dei minuti una logica un pò contorta ci aiuta a rimettere a posto i pezzi della storia, perché quello che vediamo nella prima parte del film non sembra affatto chiaro, una serie di omicidi che non hanno una spiegazione ma prendono forma solo attraverso la voce del feto che comunica alla donna cosa sia giusto fare e cosa no. Assistiamo a una passerella di personaggi tutti scollegati tra loro, dal commesso del negozio di animali esotici (che crepa impietosamente con la gola tagliata) al DJ sfigato (il quale si rimorchia Ruth inconsapevole di finire evirato), per concludere con altre figure che entrano ed escono dal gioco scomparendo sotto i colpi mortali della donna killer. Con quella vocina (alla lunga fastidiosa) che dal grembo muove i fili della mente della protagonista, almeno in apparenza.
La trama non è certo il punto forte di “Prevenge”, un film che per fortuna poggia sulla bravura della Lowe – una signora non proprio graziosa specchio della (frustrata) media borghesia britannica – capace di infondere con il suo black humour una certa vivacità alle vicende, altrimenti troppo sterili e frammentate per farci appassionare al plot. La seconda parte della pellicola è più matura e riflessiva, a voler testimoniare un percorso indissolubile con l’esperienza della gravidanza vissuta in prima persona dalla regista/attrice, un contatto tra madre e feto dove il cordone ombelicale diventa lo strumento di comunicazione delle paure del mondo circostante e dei pericoli rappresentati dalle persone, tutte situazioni che un giorno il pargolo sarà costretto ad affrontare nel quotidiano. Una metafora interessante che riscatta in parte la leggerezza di fondo del film, strutturato in modo poco lineare anche se mantenuto vivo da alcune divertenti scene splatter, da un valido score elettronico dei Toydrum e dalla dirompente e dolceamara interpretazione della Lowe.

2,5

(Paolo Chemnitz)

pre

 

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