di Jim Hosking (Stati Uniti, 2016)
Prendete due personaggi luridi e schifosi che tanto piacerebbero a John Waters, aggiungete un tocco trash e demenziale di taglio horror degno della Troma e infine mescolate gli ingredienti con quel nonsense in stile Quentin Dupieux: otterrete un’opera allucinante come questo “The Greasy Strangler”, lo strangolatore unto appunto, un titolo che è tutto un programma.
Il film è stato prodotto da Ant Timpson, da Ben Wheatley e da Elijah Wood e nel suo primo cut la durata sfiorava le due ore e quindici minuti (rispetto ai 93 minuti definitivi).
Ronnie e suo figlio Brayden vivono a Los Angeles in un mondo tutto particolare: il padre è un vecchio lercio superdotato che mangia solo ed esclusivamente cibo intriso di olio e altre porcate indescrivibili, il figlio invece è timido, impacciato e con un pisellino invisibile, uno sfigato completamente asservito al genitore. Un giorno, l’incontro fatale con la formosa Janet fa innamorare Brayden, scatenando nel padre un senso di competizione sessuale che lo porta ben presto a fare in modo che la donna diventi solamente sua. Fin qui tutto (quasi) normale, se non fosse che Ronnie – durante i suoi scatti di ira – si trasformi in uno psicopatico mostruoso che sembra essere fuoriuscito da un’immersione dentro a un bidone di grasso!
Queste apparizioni proiettano “The Greasy Strangler” in una dimensione da fumettone disgustoso e politicamente scorretto, capace di tramortirci con dialoghi pazzeschi (impossibile non ridere davanti allo scambio di battute sui free drink), con amplessi improbabili e con una serie di altre amenità che possono essere apprezzate solo se vi garbano le influenze succitate e lo splatter più casereccio (inoltre bisogna nuovamente chiamare in causa Quentin Dupieux, poiché l’uso un po’ cazzone della musica 8-bit ricorda tantissimo le sue composizioni).
“The Greasy Strangler” è un film putrido di quelli da amare in maniera incondizionata, a cominciare da quella coppia di protagonisti dal look e dai comportamenti tragicomici. Passato in rassegna al Sundance Festival del 2016, ha lasciato una traccia profonda nel pubblico più aperto alle influenze weird e alla depravazione in salsa comedy. Se anche voi non avete timore a entrare in questo universo completamente fuori di testa, correte a cercarvi questa perla.
(Paolo Chemnitz)