Noriko’s Dinner Table

norikodi Sion Sono (Giappone, 2005)

“Noriko’s Dinner Table” si può definire il film complementare a “Suicide Club” (2001) dello stesso Sion Sono, un’opera introspettiva dove il regista giapponese pone l’accento sui personaggi e le loro storie personali invece di metterlo sulle situazioni e sugli eventi (i suicidi, nel caso dell’altro titolo). Inoltre proprio lo stesso “Suicide Club” è citato nel film con la scena cult delle 54 studentesse che si buttano sui binari al passaggio della metropolitana, a voler sottolineare ancora una volta che i due lavori sono praticamente due facce della stessa medaglia.
Noriko è una ragazzina che vive in provincia ma la sua esistenza è infelice: il suo sogno è quello di andarsene a Tokyo, inoltre lì da tempo ha anche alcune amicizie virtuali conosciute attraverso uno strano sito. Scappata di casa, incontra Kumiko (che gestisce quell’ambiguo portale su internet) e da quell’istante iniziano le sue (dis)avventure, in un racconto che contempla alienazione, solitudine e addirittura scambio di identità per sostituire persone scomparse nelle famiglie (curiosità: un tema simile è stato toccato successivamente dal regista greco Yorgos Lanthimos nel suo criptico “Alps”).
Il film è diviso in cinque capitoli, ognuno dei quali approfondisce un personaggio, eccetto l’ultimo che funge da epilogo riservandoci più di una sorpresa. Sion Sono lavora su continui flashback e utilizza la voce fuori campo in maniera assidua, lasciando confluire ogni situazione all’interno della successiva in maniera impeccabile, nonostante la durata di due ore e quaranta minuti sia eccessiva rispetto alle intenzioni del regista.
Il capitolo riguardante il padre della ragazza (Tetsuzō) si rivela magistrale, poiché affonda in uno dei temi portanti delle pellicole di Sion Sono, ovvero la famiglia e il rapporto inconcludente tra genitori e figli, un vuoto cosmico nei legami che in questo caso riesce addirittura a generare tenerezza, come se dietro la maschera ipocrita di ogni individuo ci sia ancora un briciolo di umanità.
“Feel the desert. Experience the loneliness. Feel it. Survive the desert. That is your role” è una frase tra le più intense del film, un lavoro meno diretto ma più profondo e riflessivo rispetto ai titoli più amati del regista nipponico (“Love Exposure”, “Cold Fish” e “Strange Circus”, un tris di altissimo livello). “Noriko’s Dinner Table” è un’opera da prendere con le molle, complessa ma intrisa di mille significati. Un passaggio importante nella filosofia e nell’estetica cinematografica di Sion Sono, da esplorare e da assimilare con la giusta dose di attenzione.

3,5

(Paolo Chemnitz)

NorikosDinnerTable

 

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