Pink Flamingos

pinkfladi John Waters (Stati Uniti, 1972)

John Waters è un fenomeno soprattutto americano, nonostante con l’avvento di internet il suo cinema sia stato sdoganato anche al di fuori dei confini statunitensi. In Italia, ad esempio, siamo ancora in pochi ad apprezzare i suoi film, complice un linguaggio molto particolare e oltraggioso, un percorso che comunque ha segnato un’epoca raccontandoci i temi e i conflitti di una società allo sbando (Waters ha saputo coniugare ogni tipo di eccesso alla commedia nera più sboccata).
“Pink Flamingos” è uno dei suoi lavori più celebrati, il primo a colori: una carrellata di personaggi che hanno fatto la fortuna del regista, a cominciare dalla mitica Divine e continuando con Edith Massey, Mink Stole e Mary Vivian Pearce, attori e attrici che un tempo orbitavano in quel di Baltimora, luogo simbolo di un cinema anti-hollywoodiano per eccellenza, dunque politicamente scorretto e rivolto contro il perbenismo e l’ipocrisia del cosiddetto sogno americano.
Divine (qui Babs Johnson) vive in una roulotte con la madre malata di mente, il figlio e la sua ragazza, vantandosi di essere la persona più disgustosa del mondo. Un ruolo che non va giù a una coppia di pervertiti invidiosi, i coniugi Raymond e Connie Marble, i quali si credono superiori trafficando bambini (i due sequestrano delle ragazze per poi farle ingravidare dal loro maggiordomo!) o spacciando eroina nelle scuole elementari. La protagonista è così vittima di atti intimidatori (il giorno del suo compleanno le viene recapitato a casa uno stronzo impacchettato), tuttavia la vendetta della combriccola della roulotte non si fa attendere e si trasforma in un delirio trash come solo John Waters poteva mettere in scena.
“Pink Flamingos” è una pellicola eccessiva in ogni sua sfaccettatura. Le scenografie (di un kitsch allucinante) rappresentano lo sfondo perfetto per raccontare una storia intrisa di situazioni estreme e disturbanti. Tra queste, possiamo citare sia l’amplesso con il pollo che la famigerata sequenza di coprofagia, nella quale Divine si infila in bocca la merda di un cane appena sfornata su un marciapiede. Tutto vero! Non a caso, in uno dei dialoghi più letali del film, Babs Johnson spara così le sue sentenze: “kill everyone now! Condone first degree murder! Advocate cannibalism! Eat shit! Filth is my politics! Filth is my life!”.
L’altra faccia del cinema americano ha tra i suoi punti di riferimento fondamentali la figura di John Waters, il vero mattatore di una controcultura che ha fatto proseliti in diversi ambiti artistici (la celebre cantante Cindy Lauper, nel video di “Time After Time”, citò esplicitamente la roulotte e i fenicotteri rosa). Dopo questa geniale esperienza, Baltimora si trasforma definitivamente nella capitale del male, in una lurida e schifosa culla capace ancora oggi di scandalizzare quella borghesia statunitense imbevuta dei peggiori pregiudizi. “Pink Flamingos” non si discute, si ama.

5

(Paolo Chemnitz)

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