Atroz

atrozdi Lex Ortega (Messico, 2015)

“Atroz” è stato definito il film messicano più violento mai realizzato. Inoltre, ha goduto di una buona visibilità a livello promozionale, visto che l’opera è stata coprodotta dal nostro Ruggero Deodato il cui nome compare anche sulla locandina (come se fosse una sorta di garante dell’estremo, giustamente). In effetti il regista Lex Ortega ci è andato giù pesante, mostrandoci violenza e sangue in abbondanza con punte di sadismo a tratti insostenibili.
Il film parte come una sorta di documentario sulla pericolosità del Messico e sulla sua altissima percentuale di omicidi irrisolti, crimini che restano impuniti lasciando nel terrore l’intera popolazione. Poi improvvisamente, si entra nel vivo della pellicola con un terribile incidente stradale che incastra due uomini, i quali vengono immediatamente arrestati: un ispettore della polizia ritrova infatti nella loro auto una videocamera che nasconde dei filmati allucinanti. Da questo preciso istante ci rendiamo conto che i due soggetti catturati altro non sono che dei maniaci malati di mente che rapiscono prostitute e transessuali per poi torturarli, seviziarli e massacrarli fino alla morte. “Atroz” diventa automaticamente un found footage nel momento in cui assistiamo a tali testimonianze, alternate con l’interrogatorio dei due psicopatici che ovviamente è una bella mazzata sui denti per i metodi poco ortodossi utilizzati dagli inquisitori. Tortura chiama tortura.
Gli ottimi effetti speciali ci permettono di godere al meglio delle efferatezze compiute dalla coppia, tra diarrea spalmata sul corpo, coltellate nella vagina e seni aperti in due in cui si piscia allegramente dentro. Questo è solo un assaggio della violenza brutale di “Atroz”, un lavoro realizzato con una discreta perizia tecnica e con la giusta attenzione per i particolari (bene pure la colonna sonora), a cui però bisogna aggiungere una sceneggiatura che è praticamente un contorno più o meno interessante, se escludiamo il notevole twist finale. Durante la visione assistiamo a una serie di situazioni cicliche che a lungo andare possono appesantire la visione, ma è logico che il film di Ortega non ha nessuna pretesa narrativa se non quella di mostrare crudeltà a palate (a volte fine a se stessa), un martirio talmente eccessivo che spesso ci lascia indifferenti davanti al dolore lacerante provato delle vittime.
“Atroz” è proprio il titolo giusto: un’opera da consigliare esclusivamente a chi cerca l’estremo senza per forza esigere una storia appassionante e originale a supporto. Che vi piaccia o no, questo film è un vero pugno nello stomaco ed è pregno di atmosfere incredibilmente marce, il riflesso oscuro di un paese martoriato costantemente dalla criminalità e dal terrore.

3,5

(Paolo Chemnitz)

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