di Julian Gilbey (Gran Bretagna, 2007)
Gli inglesi se ne infischiano del politically correct quando si tratta di mettere in scena temi sociali duri e crudi come ad esempio la violenza negli stadi, quella riguardante la criminalità minorile o quella nelle carceri. Se poi, come in questo caso, l’ispirazione è una storia vera culminata con eventi a dir poco tragici, allora siamo sicuri di assistere a una pellicola sboccata, cattiva, brutale e intrisa di sangue.
“Rise Of The Footsoldier” ci racconta l’ascesa di un certo Carlton Leach, da ragazzino hooligan del West Ham, poi bodyguard nei locali notturni e infine tra gli uomini pilastro nel mercato della droga del sud-est inglese. Il film si sviluppa nell’arco di quindici anni (accompagnato sempre da una colonna sonora azzeccata e al passo con i tempi che furono). Si comincia dalle furibonde risse tra tifosi (a ritmo di Motörhead!), ma già dopo pochi minuti il destino del protagonista cambia vertiginosamente, soprattutto quando il suo comportamento attira alcuni loschi individui della malavita locale (i quali lo vogliono coinvolgere nei loro misfatti). Questa è gente psicopatica che ammazza per sciocchezze, sono persone disposte a tutto per denaro. L’epilogo, come da copione, è a dir poco devastante: la storia infatti scosse l’opinione pubblica britannica nel lontano dicembre del 1995 (di pellicole inglesi ispirate alle vicende ce ne sono a pacchi, a cominciare dal più datato “Essex Boys” di Terry Winsor).
In “Rise Of The Footsoldier” assistiamo a torture, gore, accoltellamenti, teste fracassate, fucilate in pieno volto, violenza domestica, misoginia, uso smisurato di droghe e quant’altro, roba che trent’anni prima avrebbe fatto impallidire la tanto severa censura britannica sotto il governo Thatcher. Julian Gilbey sa il fatto suo: il ritmo da videoclip è infernale e spesso una voce fuori campo ci guida in questo viaggio senza ritorno (almeno per una parte dei protagonisti), nonostante nella seconda metà del film ci sia qualche divagazione di troppo sul passato di alcuni personaggi secondari che incidono timidamente sugli eventi. La pellicola però ci tiene con il fiato sul collo e attaccati allo schermo praticamente per due ore.
Di sicuro, in ambito crime, qui si toccano dei vertici di rara brutalità (un valido regista come Ben Wheatley, soprattutto per un certo approccio presente in “Kill List”, deve aver preso più di uno spunto dal lavoro di Gilbey), dopotutto “Rise Of The Footsoldier” è davvero un pugno nello stomaco, di quelli che restano scolpiti a lungo.
(Paolo Chemnitz)