Cut-Throats Nine

cutdi Joaquín Luis Romero Marchent (Spagna, 1972)

“Condenados a Vivir” (questo il titolo originale) è un eurowestern di produzione spagnola inedito in Italia e considerato come il più violento degli anni settanta in assoluto. Non a caso, siamo davanti a un film cinico e brutale, nel quale sono presenti delle scene gore decisamente audaci.
Lo scenario è innevato (i Pirenei fanno da cornice a una storia ambientata durante la guerra civile americana), un’atmosfera insolita che in precedenza avevamo ammirato nel capolavoro “Il Grande Silenzio” (1968) di Sergio Corbucci e che poi abbiamo ritrovato di frequente nel genere di riferimento (fino al recente “The Eightful Eight” di Tarantino, opera che da qui ha attinto non poco).
Protagonista è una carovana che sta trasportando una manciata di criminali incatenati tra loro: li conosciamo uno alla volta per via delle efferatezze che hanno commesso, mentre nel frattempo tali individui sono scortati da alcuni militari dell’esercito e dalla figlia di uno di essi. Nel corso di una scorribanda, un gruppo di predoni in cerca di oro commette una strage, il primo evento infausto (di una lunga serie) che lascia in vita soltanto un sergente, la ragazza sua figlia e gli assassini, pronti ovviamente a ribellarsi sia contro il graduato che tra loro stessi, in una lotta per la sopravvivenza in mezzo al ghiaccio e tra qualche baracca di legno dove si consumano atti spregevoli di ogni tipo. Durante la visione di “Cut-Throats Nine” assistiamo infatti a omicidi (corpi carbonizzati senza pietà), a torture, a stupri e a un sadismo assortito alquanto infame, un campionario notevole spesso capace di far sconfinare l’opera nell’horror, nonostante il low budget non sia di aiuto per la resa ottimale degli effetti.
La prima parte del lavoro è piuttosto interessante: la storia è intrisa di nichilismo e davanti a questo mucchio di reietti bisogna attendersi di tutto da un momento all’altro. Discreto anche il finale, il quale però sopraggiunge dopo una serie di passaggi a vuoto poco coinvolgenti, colpa di una regia insufficiente che si concede qualche ralenti inopportuno (Marchent non è certo Sam Peckinpah, al di là di un possibile tentativo di emulazione). “Cut-Throats Nine” è un b-movie comunque seminale in ambito western-estremo, una pellicola imperfetta ma affascinante e piena zeppa di situazioni che ritroveremo successivamente in opere simili. Chiedere a Quentin Tarantino, indiscusso fan di questo film.

2,5

(Paolo Chemnitz)

cut9

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