di Karyn Kusama (Stati Uniti, 2015)
Will è un uomo che si è rifatto una vita in seguito a un matrimonio naufragato e un figlio morto, la sua ex moglie però dopo un lungo periodo di silenzio decide di invitare lui e la sua nuova compagna Kira per una cena, insieme a un gruppetto di vecchi amici. Si ritrovano in una bella casa ai piedi di Hollywood, la casa che un tempo era proprio quella di Will. Ma presto indizi, sospetti, la falsa gentilezza dei padroni di casa e il comportamento strano di alcuni ospiti fanno scattare nel protagonista un senso di paranoia, di paura, perché in effetti qualcosa di drammatico e allucinante sta per accadere.
“The Invitation” è un thriller di tutto rispetto, bisogna avere soltanto un po’ di pazienza aggirando qualche dialogo superfluo e quell’attesa preparatoria propedeutica per il botto conclusivo: il finale vi farà correre più di un brivido lungo la schiena, dopotutto ci troviamo a Los Angeles, il luogo maledetto dove nel 1969 la Manson family fece irruzione nella villa di 10050 Cielo Drive massacrando Sharon Tate e quattro suoi amici. Rimandi storici che concettualmente si legano proprio al ricco quartiere dove è ambientato il film, quelle case così opulente nelle quali l’alta borghesia nasconde segreti inconfessabili, solo che al contrario dell’approccio socio-allegorico di “Society” (1989, Brian Yuzna), qui la regista Karyn Kusama si sofferma sull’aspetto psicologico della vicenda, rinchiudendo tutti in una sola location e facendoci avvertire un senso di tensione claustrofobica latente.
La regia è sopraffina, così come la calda fotografia che si mescola con il vino rosso che vediamo sulla locandina e con la misteriosa lanterna accesa nella notte (a fine visione scopriamo l’agghiacciante significato di tutto ciò), ma ovviamente convincono pure le prove attoriali, tutte di buon livello e fortunatamente mai sopra le righe (tra i volti più conosciuti c’è il padrone di casa David – interpretato da Michiel Huisman – celebre per il ruolo di Daario in “Game Of Thrones”).
Con questo lavoro la Kusama (nata a New York nel 1968 da una famiglia di origini giapponesi) raggiunge quella maturità tanto auspicata nel corso degli anni, un obiettivo che la consacra tra le registe assolutamente da seguire in vista dell’imminente futuro. Il suo “The Invitation” è folle, delirante e negli ultimi venti minuti trova lo stato di grazia definitivo, un’esperienza da provare perché spesso proprio dalla calma apparente scaturiscono le tempeste più violente. Lanterne rosso sangue.
(Paolo Chemnitz)